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Casal di Principe, i collaboratori di giustizia ed il terzo livello delle mafie

Casal di Principe, Cesare Sirignano, magistrato della Dna, rivela: “Iovine pentito per salvare il figlio”. E poi: “Il terzo livello delle mafie stabilisce cosa dire e cosa fare”.

“Antonio Iovine ex capo clan dei Casalesi decise di collaborare con la giustizia perché non voleva che il figlio facesse le sue stesse scelte e la sua stessa vita. Quando arrestammo il figlio per estorsione, Iovine capì che nonostante i suoi tentativi d tenerlo lontano dalla criminalità organizzata, la via sembrava obbligata e scelse di cambiare direzione”. Lo ha rivelato Cesare Sirignano, magistrato della Direzione Nazionale Antimafia in un seminario dal titolo “Le nuove frontiere investigative, quale il ruolo dei collaboratori di giustizia” tenutosi a Casa don Diana, bene confiscato gestito dal Comitato don Peppe Diana a Casal di Principe, e insieme a lui l’avvocatessa Alessia Furia, il tenente della Guardia di Finanza del Gruppo di Aversa, Pasquale Di Lorenzo ed il giornalista di La Repubblica, Dario Del Porto. “Non so se chi collabora è anche pentito, non è mio mestiere stabilirlo ma quel che è certo è che non sempre le collaborazioni hanno dato quanto ci si aspettava, anche per quel che riguarda il ritrovamento del patrimonio. In alcuni casi nonostante le indagini e nonostante i continui tentativi per arrivare a scoprire i ‘tesoretti’, non si è giunti ad un risultato soddisfacente”, ha ammesso Sirignano che ha a lungo lavorato per stanare l’ala militare ed imprenditoriale del clan dei Casalesi, quando era nel pool della Dda di Napoli. E‘ Sirignano che ha gestito, insieme ad altri suoi colleghi di quello straordinario gruppo di magistrati dell’antimafia partenopea che ha per anni rappresentato la punta avanzata della lotta al crimine, i processi difficili per restituire verità anche ai familiari delle vittime innocenti. Nel 2008, la provincia di Caserta fu per nove mesi nelle mani di Giuseppe Setola che a capo di un gruppo di fuoco di terrore dell’ala Bidognettiana, seminò morte e terrore. Dopo l’arresto, anche Setola aveva tentato la via della collaborazione ma fu impossibile crederlo attendibile. Ci fu comunque un accertamento e così come si era già ipotizzato, dopo un paio di mesi, Setola dimostrò la sua vera natura ponendo fine a qualsivoglia valutazione rispetto al suo pentimento.

Il livello superiore di Falcone

“La criminalità organizzata che spara è però solo quella del primo livello, più visibile ed immediatamente aggredibile. C’è quello economico con imprenditori ma anche professionisti. Poi – ha detto Sirignano- delle mafie c’è il terzo livello che non spara ma che decide le sorti del nostro Paese e stabilisce quello che è giusto e quello che non lo è, in maniera arbitraria e per interessi diversi dalla giustizia”. Riferendosi alla prescrizione e alla depenalizzazione non ha mancato di puntare il dito contro l’una e contro l’altra. “Le cose non cambieranno mai se non si cambia prima di tutto il processo e se non accetteremo il fatto che in Italia abbiamo un rito assolutamente inadeguato. L’unica cosa certa e che deve essere tenacemente salvaguardata, è l’obbligatorietà dell’azione penale, garanzia per il cittadino specie dinanzi alla compromissione tra politica e giustizia”. Difficile non pensare a quei sistemi inquinati che fanno emergere solo quello che vogliono tenendosi invece, ancora in tasca intercettazioni e dichiarazioni ben più gravi e più compromettenti, di quelle fin qui pubblicate. Il livello superiore di cui parlavano Giovanni Falcone, non una struttura fisica ma più potente e più pericoloso. “Il magistrato non è eroe solo perché fa il suo mestiere e altrettanto la polizia giudiziaria. La considerazione arriva quando si riesce a fare la differenza mantenendo la libertà interiore e non facendosi travolgere dal pregiudizio- ha concluso Sirignano, chiarendo che “la vera operazione di sanificazione di un territorio, dove la percezione del bene e del male è assai complicata, perché lo Stato è assente e qualche volta colluso, deve intervenire senza coinvolgere le persone che non c’entrano. Diversamente si rischia di confondere la faccia dello Stato con la faccia di chi usa soprusi”. Ad ascoltarlo studenti del percorso alternanza scuola lavoro del It Carli di Casal di Principe, cittadini e volontari. Tina Cioffo

 

redazione

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