di Alessandra Tommasino
Una volta era una florida impresa nelle mani del clan Zagaria, che aveva raggiunto con i suoi tentacoli anche i marchi nazionali di distribuzione del latte, oggi è uno dei casi più emblematici di aziende confiscate ridotte a luoghi fantasma. La ex Euromilk, appartenuta al cognato del boss Michele Zagaria, Raffaele Capaldo, o meglio ai nipoti Filippo e Nicola Capaldo, titolari delle quote, resta ancora oggi il simbolo dell’ abbandono. Sito sottoposto a confisca nel 2010, due incendi sviluppatesi al suo interno, oggi è il nulla e testimonia il disuso dei beni sottratti alle mafie. “Non sappiamo che fine debba fare, è un bene che sta sul nostro territorio ma al momento non è dato sapere che destinazione avrà”, commenta il sindaco di San Marcellino Anacleto Colombiano. La Euromilk aveva un contratto di distribuzione del latte fresco con la Parmalat spa e la Newlat spa per la vendita nell’agro aversano e nel litorale domitio. Raffaele Capaldo, ex grossista di bibite, fino al 2004 aveva trattato con il capo del settore vendite della Cirio sconti, percentuali e provvigioni e nella zona, da lui controllata, i marchi commercializzati di sua competenza coprivano il 90% della distribuzione di latte. Lo stesso Callisto Tanzi, patron di Parmalat, aveva ammesso di essere a conoscenza dell’incremento di vendite nella provincia di Caserta, ma di ignorare gli incentivi riconosciuti ai Capaldo, stimati dalla Procura antimafia di Napoli invece in circa 400 milioni delle vecchie lire all’anno. I capannoni di San Marcellino ospitavano dunque una fiorente attività illecita, fino a che poi non è sopraggiunta la confisca. Inizialmente, nonostante le difficoltà usuali legate alla gestione di un’azienda di camorra da parte dello Stato, l’attività aveva retto, poi però c’è stato il crollo delle vendite e la chiusura del sito. Oggi il luogo appartenuto ad una delle famiglie camorristiche più pericolose del clan dei Casalesi simboleggia il lento declino scaturito dalla scelta del sopruso criminale, ma anche l’incapacità dello Stato di mantenere in vita le attività imprenditoriali derivanti dall’economia illegale. Una sconfitta per tutti.
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