Società

I Neet e il lavoro nero, il 90% dei ragazzi lo ha svolto per emanciparsi

Dati preoccupanti per l’Italia, con il 74,8% dei giovani tra i 15 e i 29 anni ad aver svolto un lavoro senza nessun tipo di tutela

Nelle grandi città italiane, quasi nove giovani su dieci (88,9%) che non lavorano, non studiano e non si formano (Neet) hanno lavorato o lavorano in nero. Questo preoccupante dato è emerso dalla ricerca “Lost in Transition” del Consiglio nazionale dei giovani (Cng), come riportato dal Sole 24 Ore. Allargando la lente sull’intero territorio nazionale e includendo anche le aree più interne del paese, si scopre che più di sette giovani su dieci (74,8%) tra i 15 e i 29 anni, non inseriti in un percorso scolastico o formativo e non impegnati in un’attività lavorativa regolare, si trovano nella stessa condizione.

I problemi dei Neet

Secondo le ultime rilevazioni dell’Istat, in Italia ci sono circa 2,1 milioni di Neet, pari al 16,1% dell’intera popolazione giovanile, una percentuale significativamente superiore alla media europea del 2023, che si attesta all’11,2%. La ricerca del Cng rivela che quasi la metà dei Neet che vivono nelle grandi aree metropolitane (molti meno in provincia) sono economicamente dipendenti e utilizzano i propri guadagni per cercare di emanciparsi dalla famiglia. Questo gruppo, che la ricerca identifica come coloro che vogliono “mettersi ancora in gioco”, è attivamente coinvolto nell’economia informale, partecipando a attività come la compravendita online e i lavori in nero.

Giovane cameriere | Pexels @Andrea Piacquadio – ireporters.it

Dall’altra parte, c’è un secondo tipo di Neet, rappresentato da chi sceglie di “mettersi per ora in pausa”, un fenomeno prevalente nei piccoli centri dove le opportunità di lavoro sono limitate e le reti di supporto scarseggiano. L’analisi del Cng evidenzia come molti giovani italiani, in particolare quelli delle aree interne, siano disposti a sacrificare i propri diritti lavorativi pur di trovare un’occupazione.

Formazione e disparità

La ricerca mette in luce una “marcata disparità nell’accesso all’istruzione superiore tra le diverse aree del paese”. Solo il 9,6% dei Neet delle aree rurali ha conseguito una laurea o un diploma accademico, contro il 65,3% delle aree urbane. Questo squilibrio educativo contribuisce all’inoperosità: il 42,6% degli intervistati dichiara di aspettare l’opportunità di svolgere attività legate al proprio percorso di studi, mentre il 37,8% desidera imparare un mestiere.

Cause della condizione Neet

La scarsa offerta di lavoro è indicata come la principale causa della loro condizione dal 45% dei Neet, mentre il 40,4% attribuisce la propria situazione a sé stesso. Il primo dato è più rilevante nelle grandi città, mentre il secondo prevale nei piccoli centri abitati. Le scelte personali dei Neet variano: il 29,9% desidera prendersi una “pausa sabbatica”, il 20,5% deve aiutare in famiglia, e il 13% gode già di una buona disponibilità di risorse finanziarie.

“In molti – ha spiegato la presidente del Cng, Maria Cristina Pisani, commentando la ricerca – affermano di seguire o aver seguito privatamente percorsi di autoformazione professionale e tanti dichiarano una piccola autonomia reddituale frutto di lavori saltuari e irregolari o di proventi da attività online. L’ennesima dimostrazione di quanto non sia realistica la narrazione dei giovani choosy e di quanto siano estese la zona grigia di formazione non riconosciuta e quella di lavoro sommerso e in deroga”. Secondo Pisani, è necessario “ragionare sulla necessità di interventi mirati per fornire opportunità concrete e costruire reti di supporto adeguate per ciascuno”.

Andrea Zoccolan

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