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Milano Fashion Week, quali marchi coinvolti non sono ancora fur-free?

La Camera Nazionale della Moda, che organizza la Settimana della Moda di Milano, non ha ancora disposto questo criterio e ben sette brand tra tutti quelli coivolti nell’evento non sono fur-free e utilizzano pellicce durante la sfilate

Dal 17 al 23 settembre si terrà la Milano Fashion Week, istituita nel 1958 e dedicata alle nuove collezioni moda per la Primavera/Estate 2025. L’evento viene svolto due volte l’anno, a febbraio e settembre/ottobre. Quest’anno sono in programma 57 sfilate fisiche e 8 digitali, che si svolgono in diverse location prestigiose, tra cui il Fashion Hub Market presso lo Spazio Cavallerizze del Museo Nazionale della Scienza e della Tecnica Leonardo da Vinci, Palazzo Reale, Palazzo Serbelloni e la Fondazione Prada. Tra i 65 brand alcuni non sono ancora ufficialmente fur-free e quindi utilizzano pelliccia animale.

Quali sono i brand non ancora fur-free?

La maggior parte dei principali brand di moda al mondo dichiarano di essere impegnati al raggiungimento degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile dell’Agenda 2030 dell’ONU. La corrispondente Settimana della Moda inglese già negli scorsi anni aveva presentato collezioni totalmente prive di pellicce. La Camera Nazionale della Moda, che organizza la Settimana della Moda di Milano, invece, non ha ancora disposto questo criterio e ben sette brand tra tutti quelli coivolti nell’evento non sono fur-free e utilizzano pellicce durante la sfilate. Sono pochi, infatti, i marchi che adottano politiche coerenti con il concetto di fur-free.

Sfilata Milano | sito regione.lombardia.it – Ireporters.it

Dei 65 brand 7 stanno facendo ancora un uso regolare di pellicce animali e sono:

  1. Fendi,
  2. Philipp Plein,
  3. Antonio Marras,
  4. Calcaterra,
  5. The Attico,
  6. Francesca Liberatore,
  7. Husky 33.

Alcuni brand hanno iniziato ad utilizzare materiali animali oltre la pelliccia, come la pelle di canguro, la piuma e l’angora. Quelli che nelle ultime collezioni non hanno utilizzato pellicce di animali sono 33:

  1. Roberto Cavalli,
  2. Etro,
  3. Tod’s,
  4. Missoni,
  5. Ermanno Scervino,
  6. Ferragamo,
  7. Laura Biagiotti,
  8. Iceberg,
  9. Luisa Beccaria,
  10. Marco Rambaldi,
  11. Del Core,
  12. Onitsuka Tiger,
  13. N.21,
  14. Genny,
  15. Anteprima,
  16. Federico Cina,
  17. Tokyo James,
  18. GCDS,
  19. Phan Dang Hoang,
  20. Vivetta,
  21. Sunnei,
  22. Luisa Spagnoli,
  23. Bally,
  24. Aniye Records,
  25. Andrea Adamo,
  26. Hui,
  27. Avavav,
  28. Rave Review,
  29. Maxivive,
  30. Chiari Boni,
  31. Via Piave 33,
  32. Francesco Murano,
  33. Jacob Cohën.

17 sono i brand che si sono ufficiamente dichiarati fur-free, rilasciando una corporate policy e dichiarazioni pubbliche e sono:

  1. Alberta Ferretti,
  2. Max Mara,
  3. Philosophy,
  4. Prada,
  5. Moschino,
  6. Armani,
  7. SportMax,
  8. Gucci,
  9. Elisabetta Franchi,
  10. Versace, Ferragamo,
  11. Dolce & Gabbana,
  12. Diesel,
  13. Maison Margela,
  14. Marini,
  15. Jil Sender,
  16. Bottega Veneta.

Le dichiarazione di LAV

Nel sito di LAV si legge: “Già dal 2015 la nostra associazione si confronta con le principali aziende della moda (brand e retailers) per fare comprendere le criticità nella produzione di materiali animali (non solo pellicce, ma anche piume, pelli e filati) e la disponibilità di materiali alternativi più sostenibili e che non derivano dallo sfruttamento degli animali. Noi di LAV abbiamo creato il sito Moda Senza Animali per fornire ai brand informazioni utili sui Next-Gen Materials e per metterli in competizione pubblicando in un dedicato database le Animal Free Policy adottate dai singoli brand”. “Il futuro della moda è Animal Free: la recente rilevazione Doxa commissionata da LAV e condotta tra i consumatori moda in Italia, Francia, Germania, Olanda, Spagna e Regno Unito ha dimostrato una propensione all’acquisto di prodotti moda Animal Free dal 75,4% all’85,4%; ed i brand più lungimiranti ne stanno prendendo atto, adeguando l’offerta di prodotti più sostenibili ed etici”, continua la nota.

Giuliana Presti

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