Il Fisco ha precisato che il credito d’imposta prima casa è un credito personale e, in caso di comproprietà tra coniugi, vale pro quota; conta la data del nuovo atto e l’importo minore tra imposta di registro del primo acquisto e Iva del successivo.
Con la risposta a un interpello, l’Agenzia delle Entrate ha sciolto un nodo frequente nelle compravendite: se due coniugi acquistano insieme un’abitazione con le agevolazioni prima casa, e uno dei due viene a mancare, il superstite che compra un nuovo immobile può far valere il credito d’imposta per riacquisto? Il caso esaminato riguarda una coppia che aveva comprato al 50%; dopo il decesso, il coniuge superstite ha comprato una nuova abitazione, impegnandosi a vendere la precedente nei tempi di legge. L’amministrazione ha ricordato principi, limiti e modalità di utilizzo del beneficio, tracciando un perimetro operativo piuttosto chiaro, atteso da notai e contribuenti.
Chi ha diritto al credito e come si calcola
Il credito d’imposta per il riacquisto della prima casa spetta a chi acquista una nuova abitazione non di lusso entro l’anno dall’alienazione di quella precedentemente comprata con aliquota agevolata. L’Agenzia ribadisce che il credito è personale: non segue l’immobile come fosse un timbro, segue il soggetto che ha sostenuto il tributo agevolato. Significa che chi riceve un bene per successione o donazione non eredita il credito del dante causa; il credito nasce e muore sulla posizione del contribuente che ha effettuato il primo acquisto agevolato. Questo punto incide molto quando la prima casa era intestata in comunione tra i coniugi.

Se l’immobile ceduto era in comproprietà, il credito si imputa solo sulla quota riferibile al contribuente che effettua il nuovo acquisto. Nella vicenda concreta, il coniuge superstite aveva il 50% del primo immobile e ha poi comprato la nuova abitazione: il credito non può includere la parte del coniuge deceduto, perché quel credito non è trasferibile agli eredi. La misura segue una regola semplice: l’importo spettante è pari al minore tra i tributi pagati nei due acquisti agevolati. Il confronto si fa tra la quota del 50% dell’imposta di registro corrisposta sul primo atto (riferita al superstite) e l’Iva pagata sul secondo acquisto.
Il chiarimento ha un impatto pratico: nelle dichiarazioni dei redditi del superstite non va cercato un credito “intero” riferito all’immobile venduto, ma un credito limitato alla propria frazione e misurato con il criterio del minore tra imposta di registro pro-quota e Iva del nuovo atto. Una regola asciutta, che chiude discussioni in sede di calcolo e impostazione degli atti.
Quote, tempi e uso in Irpef: cosa cambia per il coniuge superstite
L’Agenzia richiama un punto temporale decisivo: la data di acquisizione del credito coincide con la stipula del nuovo atto agevolato. È quel momento che fa nascere il credito, mentre la registrazione dell’atto consente di quantificare formalmente l’importo. Questo dettaglio guida tutte le successive mosse. Chi ha riacquistato può usare il credito in compensazione dell’Irpef nella prima dichiarazione utile successiva al nuovo acquisto, oppure nella dichiarazione relativa all’anno in cui si è perfezionato il riacquisto.
Nel caso del coniuge superstite, il calcolo deve escludere la quota del 50% del coniuge deceduto, anche se il bene poi è passato agli eredi. Il credito non “migra” con la proprietà, perché è personale. Vale quindi solo la quota del superstite maturata sul primo acquisto, a confronto con i tributi del secondo. La condizione del beneficio resta legata al rispetto dei termini di alienazione della precedente abitazione e alle tipiche condizioni della prima casa: immobile non di lusso, residenza nel Comune entro i tempi previsti, assenza di altri diritti reali su abitazioni nello stesso Comune.
Per i notai e gli operatori il passaggio operativo è ormai chiaro: il fascicolo dovrà contenere i dati del primo atto con imposta di registro pro-quota, i tributi del nuovo acquisto con Iva evidenziata, la prova dell’alienazione dell’immobile precedente nei tempi richiesti e la documentazione che attesti gli altri requisiti della prima casa. Il contribuente potrà quindi portare il credito in dichiarazione nei tempi corretti, senza rischio di contenzioso.