Dallo sconfinamento dei droni all’attivazione dell’articolo 4, Varsavia accusa Mosca e chiede alla Nato di blindare il confine orientale.
Alle 23.30 di martedì 9 settembre 2025, il cielo sopra la Polonia si accende di tensione. I radar militari intercettano il primo drone in arrivo dalla Bielorussia, aprendo una delle notti più delicate per la sicurezza europea degli ultimi mesi. È l’inizio di un’incursione lunga oltre sei ore, che ha messo in allerta Varsavia, Bruxelles e le capitali dell’Alleanza Atlantica.
L’attacco notturno e la reazione immediata della Nato
Nel giro di pochi minuti dalla violazione dello spazio aereo polacco, la catena di comando si attiva. Due F-16 dell’aeronautica nazionale decollano in rapidità, accompagnati da un Saab Aew&C per il controllo radar. Il primo ministro Donald Tusk viene informato in tempo reale, e parallelamente scatta il coordinamento con il comando congiunto Nato.
La Polonia, già da mesi trasformata in un vero e proprio baluardo orientale dell’Alleanza, ospita oltre 10.000 soldati americani. La reazione, dunque, è rapida e multilaterale. Oltre ai caccia polacchi, partecipano all’operazione due F-35 olandesi e un Awacs italiano decollato poco dopo la mezzanotte dalla base di Amari, in Estonia.

A supporto vengono mobilitati anche elicotteri d’assalto e le batterie Patriot tedesche, dislocate in diversi presidi strategici. L’incursione, durata fino alle 6.30 del mattino seguente, provoca un effetto domino nei comandi dell’Alleanza.
In Parlamento, nel pomeriggio, Tusk annuncia che lo spazio aereo è stato violato 19 volte, con l’abbattimento confermato di 3 o 4 droni. Altri si sarebbero schiantati per esaurimento carburante. Intorno alle 20.00, il ministero dell’Interno comunica il ritrovamento di 15 droni distrutti, in diverse zone del voivodato di Lublino, a circa 100 km dal confine ucraino.
Le ombre sulla provenienza: droni Gerbera e silenzi da Mosca
Non ci sono state vittime, ma si registrano danni a un’abitazione privata. Eppure la gravità dell’evento non si misura solo nei numeri. I droni coinvolti, secondo l’intelligence di Kiev, sono una variante semplificata – denominata Gerbera – del modello iraniano Shahed-136, già ampiamente utilizzato dalla Russia nel conflitto contro l’Ucraina.
Le indagini portano a sospettare che questi dispositivi siano stati realizzati da una società cinese, Skywalker Technology, dettaglio che alimenta l’ipotesi di una triangolazione tecnologica fra Teheran, Pechino e Mosca.
Nel frattempo, le autorità polacche chiedono chiarimenti a Minsk, senza ricevere risposte. Poi informano Kiev, che conferma una contemporanea offensiva a base di droni lungo tutto il confine occidentale. Infine, Varsavia si rivolge allo SHAPE – il Comando Supremo delle Forze Alleate in Europa, con sede a Mons, Belgio – per allineare le contromisure.
Nella mattinata di mercoledì 10 settembre, si tiene a Bruxelles una riunione urgente del Consiglio Nord Atlantico. La Polonia, per la prima volta dal 2022, invoca l’articolo 4 del Trattato della Nato, che prevede consultazioni tra gli Stati membri quando l’integrità territoriale, l’indipendenza politica o la sicurezza di uno di essi è minacciata.
Varsavia è netta: non si è trattato di un errore tecnico, come ipotizzato dal ministero della Difesa russo, ma di un’azione ostile deliberata. Mentre Germania e Paesi baltici sostengono la linea dura, la Spagna invita alla cautela, in assenza di prove definitive contro il Cremlino.
Mark Rutte, da pochi mesi nuovo Segretario generale della Nato, opta per una posizione attendista: «Le indagini sono ancora in corso». Ma nelle ore successive, lo stesso Rutte, secondo fonti interne, avrebbe espresso irritazione per l’atteggiamento ambiguo di alcuni Stati membri, sottolineando che il livello di impegno militare tra i Paesi dell’Alleanza è ormai «drammaticamente diseguale».
Le quattro richieste strategiche della Polonia per rafforzare il fianco Est
Durante una videoconferenza con Zelensky, Macron, Starmer, Meloni e Rutte, il premier Tusk rilancia con quattro proposte operative, considerate urgenti:
Potenziare le strutture di intelligence e sorveglianza lungo tutto il confine orientale
Aumentare la presenza e la capacità della difesa aerea, soprattutto nelle aree più vulnerabili
Affidare alla Nato lo studio di nuove misure militari protettive
Monitorare congiuntamente eventuali escalation da parte della Russia
L’obiettivo dichiarato: blindare il fianco Est dell’Alleanza, nella convinzione che i prossimi mesi potrebbero vedere un incremento delle incursioni ibride da parte della Federazione Russa.
Lo ha dichiarato senza mezzi termini anche Ben Hodges, ex comandante delle forze USA in Europa: «La Nato, oggi, non è preparata a respingere un attacco aereo massiccio».
Mentre la diplomazia lavora a ritmo serrato, la Polonia alza la voce e chiede un nuovo equilibrio tra solidarietà politica e difesa concreta. La notte tra il 9 e il 10 settembre ha mostrato quanto sia sottile il confine tra provocazione e attacco. E soprattutto quanto la sicurezza del continente, oggi più che mai, si giochi nei cieli sopra l’Est Europa.