Carenza di infermieri? Tutta colpa di stipendi falcidiati e meritocrazia assente

Stipendi più bassi

Carenza di personale infermieristico: la causa? Stipendi da fame-ireporters.it

Franco Vallesi

6 Settembre 2025

Uno studio del Nursind rivela quanto le buste paga degli infermieri si siano erose nel tempo, tra scelte politiche penalizzanti e un sistema che appiattisce ogni merito.

Negli ospedali italiani manca il personale, ma la vera emergenza è un’altra: gli infermieri sono stati impoveriti sistematicamente da oltre 30 anni. A lanciare l’allarme, ancora una volta, è il Nursind, sindacato delle professioni infermieristiche, che tramite il segretario nazionale Andrea Bottega e il consulente economico Girolamo Zanella ha pubblicato un focus devastante. I numeri sono chiari: tra stipendi non rivalutati, indennità scomparse e progressioni congelate, un infermiere oggi guadagna fino a 16.000 euro in meno rispetto a un collega del passato, a parità di servizio e mansioni.

Un dato che fotografa non solo il disagio economico di migliaia di professionisti, ma anche la crisi strutturale del Servizio sanitario nazionale, sempre più svuotato da chi, legittimamente, cerca all’estero o in altri settori condizioni più dignitose.

Retribuzioni falcidiate: meno 10.000 euro per i neoassunti, -16.000 per i veterani

Secondo lo studio del Centro Studi Nursind, nel 2025 un infermiere appena assunto guadagna fino a 10.000 euro in meno rispetto a quanto avrebbe percepito con una progressione coerente con il costo della vita. Per chi ha 40 anni di servizio, la perdita raggiunge quasi 16.000 euro annui. Il confronto è stato realizzato partendo dai livelli retributivi del 1990, adeguati all’indice Istat 2024, e confrontati con i dati effettivi previsti dal CCNL 2022-2024.

Nel dettaglio, si è passati da un gap del 70% tra il livello più alto e quello più basso nel sistema a livelli del 1990, a un 26% scarso nell’attuale sistema a aree, con un grave appiattimento verso il basso che penalizza i profili più qualificati.

Vuoto
Gli stipendi bassi spingono gli infermieri a scegliere nuovi paesi dove la retribuzione è più dignitosa-ireporters.it

In particolare, per un infermiere neoassunto, la perdita annua si quantifica in 1.135 euro di stipendio base, che diventano 1.320 euro considerando il trattamento fondamentale. Totale: quasi 2.500 euro l’anno evaporati. Per i professionisti con 40 anni di anzianità, la perdita arriva a oltre 8.500 euro.

Il focus denuncia con forza anche l’impatto devastante delle scelte contrattuali e politiche adottate dal 1990 a oggi. Non si tratta solo di mancanza di fondi, ma di un modello normativo che ha distribuito risorse “a pioggia”, senza premiare il merito né riconoscere le competenze acquisite. Un esempio emblematico è il passaggio dal plus orario al Fondo per la produttività, che ha sottratto migliaia di euro all’anno ai lavoratori.

Un infermiere neoassunto che svolge un’ora extra a settimana perde oggi oltre 1.500 euro annui. Con due ore settimanali, la cifra supera i 5.000 euro. Per chi ha 40 anni di servizio, le perdite salgono rispettivamente a oltre 2.150 e oltre 6.200 euro l’anno.

Anche le indennità – fondamentali nel lavoro infermieristico – sono state dimezzate. L’indennità giornaliera per chi opera su triplo turno è calata di 4,74 euro al giorno, mentre quella per i reparti di malattie infettive ha perso 6,35 euro al giorno rispetto ai valori indicizzati al 1990.

Serve un cambio di passo: riconoscere il merito per salvare la sanità pubblica

Andrea Bottega, segretario del Nursind, lo dice senza mezzi termini: «Non possiamo più rimanere inerti. È urgente invertire la rotta per fermare la fuga degli infermieri e rendere di nuovo attrattiva la nostra professione». Tra le proposte concrete figura il rilancio del sistema degli incarichi mutuato dalla dirigenza sanitaria, con l’attivazione reale dell’area dell’elevata qualificazione prevista dal contratto ma ancora bloccata nei fatti.

«Servirebbe un fondo contrattuale specifico – aggiunge Bottega – dove far confluire le risorse oggi disperse tra indennità fisse, differenziali economici e compensi accessori, per garantire reali progressioni di carriera e stipendi degni della responsabilità professionale».

Nel frattempo, nel 2025, la fuga degli infermieri verso l’estero è ormai un fenomeno strutturale. Secondo i dati aggiornati del Ministero della Salute, solo nel primo semestre dell’anno sono state oltre 1.200 le richieste di riconoscimento dei titoli all’estero, con Germania, Svizzera e Regno Unito tra le mete preferite. Una diaspora silenziosa, che impoverisce il nostro sistema e rischia di compromettere la tenuta del SSN nei prossimi anni.

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