Xi Jinping guida uno show geopolitico con Putin e Kim Jong-un per riscrivere i nuovi equilibri globali. Esclusi gli occidentali, Pechino segna il passo della sua visione del mondo.
Vestito con la giacca alla Mao, sotto la Porta della Pace Celeste, Xi Jinping ha accolto Vladimir Putin e Kim Jong-uncome alleati d’onore nella commemorazione dell’80° anniversario della vittoria cinese contro l’occupazione giapponese. È stata più di una parata: una messinscena studiata nel dettaglio per mostrare al mondo una nuova alleanza strategica tra le potenze autoritarie più rilevanti del pianeta. Uno show in tre atti che, sullo sfondo della Piazza Tienanmen, ha messo in scena potenza militare, retorica ideologica e avvertimenti chiari a chi osserva da Occidente.
Messaggi chiari al Pacifico: la Cina punta Taiwan, gli Usa restano nel mirino
Il cuore politico dell’evento è stato il discorso di Xi Jinping, un vero monologo ideologico rivolto tanto al popolo quanto agli Stati Uniti. «Pace o guerra? Dialogo o scontro?», ha domandato retoricamente il presidente, prima di proporre una nuova governance mondiale per il cosiddetto Sud globale. Con Putin al fianco, Xi ha denunciato l’egemonia occidentale, cavalcando le tensioni legate ai dazi di Donald Trump e al contenimento militare nel Pacifico.
Di fronte a diecimila soldati schierati, Xi ha ribadito che l’Esercito popolare di liberazione deve diventare una forza capace di «salvaguardare sovranità, unità e integrità territoriale». Parole già sentite, ma oggi più cariche di significato. Perché l’obiettivo resta lo stesso: riportare Taiwan sotto il controllo cinese e costruire un’area d’influenza strategica alternativa a quella americana.

La frase più netta è arrivata sul finale: «Il grande rinnovamento della Cina è inarrestabile». È un messaggio diretto a Washington, Tokyo, Seul, ma anche a Bruxelles: il mondo multipolare non è più un’ipotesi, ma una realtà che avanza a passo militare.
A bordo della limousine “Bandiera Rossa”, Xi ha passato in rassegna i reparti con toni da comandante assoluto: «Salve compagni! Avete fatto un buon lavoro!». La risposta, secca e corale: «Comandante, serviamo il popolo!». La parata militare è stata all’altezza della propaganda: 80 colpi di cannone, 1.000 musicisti, 10.000 soldati in marcia, centinaia di missili, droni, elicotteri, e una formazione a V di aerei da guerra come tributo alla vittoria del 1945.
Il costo stimato? 5 miliardi di dollari, secondo fonti taiwanesi. Una cifra che include logistica, carburante, prove militari, bonifiche ambientali per garantire un cielo azzurro sopra Pechino. È il 2% dell’intero budget annuo dell’esercito cinese. Ma Pechino considera queste esibizioni una prova di forza essenziale per consolidare la sua immagine globale.
Dietro lo sfarzo, i numeri sono da superpotenza: oltre 2 milioni di soldati attivi, 500.000 riservisti, più di 3.700 aerei, 370 navi, 600 testate nucleari. La sfilata ha incluso missili ipersonici, balistici e tattici. Una rappresentazione visiva della strategia cinese: deterrenza e prestigio, con l’ombra costante dell’invasione di Taiwan.
Kim, Putin e gli altri: un blocco autoritario che si espande
Nella tribuna dei leader, nessun rappresentante occidentale. Un’assenza significativa. Presenti invece 26 delegazioniche hanno accettato l’invito cinese, con la sola eccezione europea rappresentata dal premier slovacco Robert Fico, sempre più distante dalle posizioni dell’UE.
Vladimir Putin è stato il primo a ricevere gli onori: il gasdotto “Power of Siberia 2” è la sua moneta di scambio per rafforzare l’asse con Pechino. Kim Jong-un, per la prima volta in un evento multilaterale di questa portata, ha sfilato con il sorriso. Nonostante le tensioni passate, oggi è partner a pieno titolo della triade. La Corea del Nord ha fornito milioni di proiettili alla Russia per la guerra in Ucraina, ricevendo in cambio tecnologia militare avanzata. Un patto silenzioso, ma efficace.
Accanto a loro, anche Aleksandr Lukashenko, il leader bielorusso, recentemente ricevuto da Xi in un incontro privato insieme alla figlia Mingze. Presenti anche il presidente iraniano Masoud Pezeshkian e il generale Min Aung Hlaingdella giunta birmana. È la fotografia di un fronte alternativo al blocco atlantico, che include regimi autoritari uniti dalla diffidenza verso le democrazie liberali.
La parata dell’80° anniversario è servita a riattivare simboli, mostrare forza, e rassicurare gli alleati. Ma soprattutto è stato un modo per dire al mondo che la Cina non aspetta più il consenso internazionale: ha deciso di guidare un nuovo ordine mondiale, più simile alla sua visione autoritaria che ai principi dell’Occidente. La presenza compatta di Putin e Kim non è un dettaglio coreografico, ma un segno tangibile di come stiano cambiando le alleanze e gli equilibri globali. E davanti alla Porta della Pace Celeste, il messaggio è stato chiaro: la pace si costruisce con la forza, non con la diplomazia.