Dalla Nigeria a Castel Volturno, Roxi ex prostituta “Qui ho trovato casa e famiglia”

Roxi è una ex prostituta. Nata in Nigeria è arrivata in Italia sperando di potersi riscattare ma ha dovuto combattere per salvarsi. Il racconto di quegli anni fa rabbrividire. A Castel Volturno, in provincia di Caserta, ha rimesso in ordine la sua esistenza con una famiglia ed un progetto di lavoro per il futuro.

di Tina Cioffo

“Ho fatto la Vita, come la maggior parte delle donne nere che arrivano in Italia con l’inganno di poter vivere una vita semplice. Sono stata picchiata, schiavizzata, ho pianto e mi sono disperata sperando di essere salvata ma per farcela ho dovuto pensare io a liberare me stessa”. Il racconto di Roxi (il nome è di fantasia), è di quelli che ti prende allo stomaco e sebbene hai piena coscienza che storie del genere esistono, la mente tenta di rifiutare persino la comprensione delle parole e delle sequenze temporali. La incontro al Polo sociale per migranti a Castel Volturno, aperto al piano superiore di un supermercato di una nota catena discount, grazie ai fondi “P.I.U. – Su.Pr.Eme, Pon Inclusione, Su.Pr.Eme. Italia, sotto la responsabilità del Consorzio Nuova Cooperazione Organizzata.

Roxi, mette in fila una successione di fatti tragicamente reali cedendo alla commozione solo tre volte: quando parla di suo padre, di suo figlio e della sua nuova esistenza. “Mio padre era buono con me e con tutta la mia famiglia. Era un gran lavoratore ma sapeva anche farci sentire la sua presenza con consigli e con i complimenti. Ha fatto di tutto per me, fino a crescere mio figlio come se fosse suo. Avevo 20 anni, quando conobbi il padre di Destiny, il mio primogenito. Sognavo una vita normale, mi ero innamorata di quell’uomo più grande di me che diceva di volermi sposare. Quando mio padre seppe della mia gravidanza, fu trafitto dal dispiacere. Cercò l’uomo con il quale avevo condiviso il sogno di un amore per capire quali intenzioni avesse e fu mio padre a farmi aprire gli occhi. Quella persona mi aveva solo sfruttata. Trascorsi gran parte della mia gravidanza a casa di mio fratello e tornai a casa dei miei genitori poco prima della nascita di Destiny. Pensai che le cose a quel punto potessero andare a posto ma ero ormai io a sentirmi nel posto sbagliato”.

Quando il figlio aveva poco più di un anno, partì per Lagos ma dopo un breve periodo di rientro a casa, irrequieta e sotto il peso di una quotidiana incertezza venne in Italia. “Arrivai a Torino e non so come abbia fatto a sopravvivere alle bestialità sopportate. La donna che avrebbe dovuto aiutarmi a ricostruirmi un’esistenza e far tornare l’orgoglio nei miei occhi ed in quelli di mio padre, mi ha scavato la fossa. Mi prese i documenti, mi disse che per tornar libera avrei dovuto pagare 50mila euro e mi mise sulla strada come un oggetto qualsiasi. Mi dava dei vestiti puliti solo una volta settimana, il cibo era solo per sostenermi in piedi. Nulla di quello che avevo sognato a 20 anni si era lontanamente realizzato. Mi picchiava e mi minacciava ed io intanto continuavo a stare in strada per lei, senza alcuna scelta. Una sera mi chiese di cucinarle un semolino, già altre volte lo avevo fatto e lo cucinai alla stessa maniera di sempre. Quel giorno però, le sue intenzioni non erano mangiare. Mi disse che il sapore era cattivo e lo buttò nella spazzatura, dove c’era di tutto anche i capelli di noi ragazze. Lo buttò e poi lo raccolse di nuovo costringendomi a mangiarlo. C’era di tutto e pure la bestia più immonda lo avrebbe rifiutato ma io dovevo sopravvivere. Fu una tortura al pari di tante altre che se ricordate fanno ancora sanguinare. Fu orrendo e per liberarmene dovetti bere dell’olio”. In quel piatto, Roxi, vide la sua esistenza. Un punto di non ritorno che doveva portarla lontano da quel posto, da quella donna, da quella violenza umana che non conosceva limiti di pietà. E così fece.

“Avevo già pagato il mio debito di 50mila euro quando lei me ne chiese altri 30mila, sarebbe stata la fine e così trovai la forza di scappare. Da Torino arrivai a Rimini, dove fui aiutata da una donna buona, di nome Mara. Mi diede l’occasione di far rimarginare qualche ferita ma non era la mia ultima destinazione. Andai a Lecce dove lavorai prima come badante e poi come traduttrice per aiutare i miei connazionali che arrivano da Lampedusa. Poi Brindisi e Teramo”. Un lungo lasso di tempo che la aiutò a rimettersi in piedi, a riconquistare la sua dignità e anche ad incontrare l’amore, quello vero stavolta. “Sono rinata quando ho incontrato Y., ma non è stata una storia semplice, almeno non all’inizio. Per un anno, non l’ho visto e sentito e ho pensato che anche lui fosse stato solo un sogno irreale. Un anno in cui Y. era stato in carcere ed era stato questo l’unico impedimento. Gli dissi che se voleva stare con me doveva assolutamente cambiare vita, non ce l’avrei fatta a ricominciare con le delusioni”. Con l’inizio della pandemia Covid 19, Roxi scoprì di essere incinta di quattro mesi. Sua figlia Maria è nata il 18 novembre del 2020 a Castel Volturno e in questo piccolo angolo di mondo, “abbiamo trovato casa ed un’opportunità”.

Al Polo sociale di Castel Volturno, l’hanno aiutata con un progetto di autoimprenditorialità, a Rimini aveva fatto un corso di cucina ed il suo sogno è riuscire a lavorare come cuoca e per ha dovuto prima di tutto imparare come fare un food cost, ideare un menù e stabilire con precisione tutte le fasi di preparazione. Il marito Y. ha trovato un lavoro come operaio edile per una ditta di costruzioni che lavora a Roma. Torna a casa ogni venerdì e ogni settimana, la famiglia di Roxi si riunisce con quella semplicità che lei tanto aveva desiderato. Roxi è ora serena ma ammette: “Quando potrò tornare a casa, in Nigeria, per riabbracciare mia madre e mio figlio Destiny, potrò finalmente dire di avercela fatta. Di essere riuscita a vivere, nonostante tutto”.

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