Ecco il caffè che alza il colesterolo (e quello che puoi bere senza rischi)

La linea guida

Cosa dicono gli esperti a riguardo-ireporters.it

Franco Vallesi

20 Settembre 2025

Bere caffè fa male al colesterolo? La risposta non è così semplice. Scopri cosa dicono oggi gli esperti e quali varietà evitare per non rischiare.

Non tutti i caffè hanno lo stesso effetto sul nostro organismo: a fare la differenza sono la varietà, il metodo di preparazione e la quantità consumata ogni giorno.

Il caffè accompagna da sempre le nostre giornate: una pausa al bar, una moka sul fornello, un espresso dopo pranzo. Ma dietro questo gesto quotidiano si nasconde una domanda che molti si pongono: il caffè fa aumentare il colesterolo? E se sì, quali tipi andrebbero evitati? Oggi, con studi sempre più aggiornati e analisi approfondite, possiamo finalmente chiarire quali siano gli effetti reali della bevanda più amata al mondo sui livelli di colesterolo LDL, il cosiddetto “colesterolo cattivo”.

Il metodo di preparazione incide più degli ingredienti

Le differenze tra un espresso al bar, una moka fatta in casa e un caffè filtrato americano non sono solo questione di gusto. Nel 2025, le ricerche hanno confermato che il modo in cui prepariamo il caffè incide direttamente sui suoi effetti sul colesterolo. Il motivo sta in due sostanze contenute naturalmente nei chicchi: il cafestolo e il campestolo, appartenenti alla famiglia dei diterpeni. Questi composti, se non filtrati, possono aumentare i livelli di colesterolo LDL nel sangue.

Il problema non è la caffeina, ma proprio i diterpeni, presenti in quantità elevate nel caffè non filtrato, come quello della moka tradizionale o turco. Il caffè filtrato con carta, come nel metodo americano o con la French press con filtro in carta, riduce quasi completamente questi composti, rendendolo più sicuro per chi ha problemi di colesterolo o predisposizione familiare.

Colesterolo e come abbassarlo
Attenzione al caffè!-ireporters.it

Inoltre, studi pubblicati nel 2024 e aggiornati quest’anno, evidenziano che la reazione al caffè può variare molto in base al profilo genetico individuale. Alcune persone metabolizzano più lentamente la caffeina e i suoi composti, esponendosi a un rischio più alto, mentre altre non manifestano cambiamenti nei valori ematici nemmeno con 3-4 tazze al giorno.

Non è solo una questione di filtrazione. Anche la varietà dei chicchi influisce: il caffè arabica contiene meno diterpeni rispetto al più forte robusta, molto usato negli espresso italiani. Chi è sensibile dovrebbe orientarsi su miscele arabica 100%, meglio se da coltivazioni controllate e a basso contenuto lipidico.

Quante tazze bere e come farlo in modo sicuro

Anche la quantità conta. Le linee guida nutrizionali 2025 confermano che un consumo moderato, tra 2 e 4 tazze al giorno, può essere inserito in una dieta sana ed equilibrata, senza impatti negativi sui livelli di colesterolo nella maggior parte dei soggetti. Ma attenzione: superare le 5 tazze quotidiane, soprattutto se di caffè non filtrato, può comportare un aumento del colesterolo LDL, soprattutto in chi ha familiarità con patologie cardiovascolari.

Un aspetto spesso trascurato è ciò che aggiungiamo al caffè: panna, latte intero, zucchero in eccesso, sciroppi o topping industriali possono rendere la bevanda un piccolo “rischio quotidiano” per il cuore. Gli esperti consigliano, quando possibile, di bere il caffè senza zucchero o con dolcificanti naturali, e di preferire latte vegetale non zuccherato o scremato.

Oggi esistono anche caffè decaffeinati naturali e caffè a basso contenuto lipidico, pensati per chi ha bisogno di controllare i parametri ematici senza rinunciare al gusto. Alcune torrefazioni italiane stanno puntando su nuove tecniche di estrazione a freddo che mantengono intatti gli aromi ma riducono la concentrazione dei composti nocivi.

Il caffè può essere anche alleato del benessere, grazie ai suoi antiossidanti naturali, che aiutano a ridurre infiammazione sistemica, a combattere i radicali liberi e, in alcuni casi, a migliorare la sensibilità all’insulina. Diversi studi recenti hanno associato il consumo regolare e moderato di caffè a una riduzione del rischio di diabete di tipo 2, infarto e insufficienza cardiaca, ma solo se non accompagnato da abitudini scorrette.

Per chi è più sensibile, un consiglio utile è variare: alternare caffè filtrato, decaffeinato e persino bevande a base di cereali tostati, come orzo e cicoria, può offrire un modo piacevole per mantenere il piacere della pausa senza appesantire il metabolismo.

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