I dati ufficiali non raccontano tutta la verità: ecco perché la spesa scolastica continua a crescere, nonostante i tetti ministeriali.
Nel settembre 2025, mentre milioni di studenti tornano tra i banchi, le famiglie italiane fanno i conti con un fardello sempre più pesante: la spesa scolastica. I dati ufficiali parlano di 190 € di media per i libri alle scuole medie e 279 € alle superiori, ma chi ha figli sa che quei numeri sono spesso lontani dalla realtà vissuta. Tra testi obbligatori, corredi scolastici, dizionari, zaini, cartoleria e accessori digitali, la cifra può rapidamente salire oltre i 1.200 € a studente.
Anche laddove lo Stato interviene fissando tetti di spesa, questi si rivelano in molti casi inefficaci, se non addirittura elusi. Il limite massimo stabilito dal Ministero dell’Istruzione, ad esempio, per una classe prima di liceo classico è di 341 €, ma in numerose scuole si va ben oltre questa cifra. Il motivo? Basta un cambio di edizione, una modifica minima nei contenuti o l’adozione di volumi opzionali — ma di fatto indispensabili — per far lievitare la spesa.
A complicare tutto ci si mettono le tempistiche dei rimborsi e le difficoltà burocratiche nell’accesso ai bonus regionali, spesso erogati con ritardo o con criteri molto stringenti. Le famiglie con più figli, in particolare, si trovano a sostenere uscite pesanti in un’unica tranche di inizio settembre, senza alcuna rateizzazione o sostegno strutturale. A soffrire maggiormente sono i nuclei con ISEE medio, che non rientrano nelle fasce più tutelate, ma non hanno nemmeno risorse sufficienti per affrontare spese importanti con leggerezza.
Nel frattempo, il mercato dell’editoria scolastica resta altamente concentrato: poche case editrici dominano, imponendo prezzi sempre più elevati senza un reale controllo. E mentre le adozioni digitali restano residuali, il diritto allo studio si trasforma, lentamente, in un lusso sempre più selettivo.
Cosa chiedono le famiglie e quali soluzioni mancano ancora nel 2025
Davanti a questo scenario, le famiglie reagiscono come possono. Cresce l’uso dei portali online per cercare libri scontati, aumentano i gruppi social per lo scambio dei testi usati, si moltiplicano le iniziative di solidarietà nei quartieri, tra chi ha figli in classi diverse. Ma il risparmio non basta. Perché anche con il mercato dell’usato, si arriva comunque a spendere oltre il 30% della spesa totale solo per i testi principali, senza contare i materiali integrativi.
A livello istituzionale, si parla spesso di introdurre una piattaforma nazionale per la condivisione gratuita dei libri digitali, ma al momento non esiste una data concreta per l’avvio. Il settore scolastico, intanto, resta imbrigliato tra scelte editoriali difficili da contestare e una normativa che fissa regole troppo vaghe, lasciando ampia libertà agli istituti nella selezione dei materiali.

Eppure, le soluzioni possibili ci sarebbero: agevolazioni strutturate per le famiglie con più figli, incentivi per chi sceglie il digitale, maggiori controlli sulle adozioni dei testi, voucher automatici senza necessità di richiesta, migliore trasparenza da parte delle scuole sui costi previsti. Tutto questo, però, resta sulla carta.
Il risultato è un sistema dove il diritto all’istruzione gratuita è garantito solo formalmente, mentre sul piano pratico — quello che riguarda cartelle, penne e libri di testo — si registra ogni anno una crescente disparità di accesso. Una disparità che rischia di alimentare il divario sociale, proprio nel momento in cui la scuola dovrebbe rappresentare il primo strumento di inclusione e pari opportunità.
Cosa chiedono le famiglie e quali soluzioni mancano ancora nel 2025
Per affrontare la spesa scolastica, molti nuclei familiari ricorrono a strategie di risparmio sempre più complesse: piattaforme online con sconti fino al 20%, acquisti di libri usati, scambi tra compagni di classe. Ma il risparmio non basta. Perché anche con il mercato dell’usato, si arriva comunque a spendere oltre il 30% della spesa totale solo per i testi principali, senza contare i materiali integrativi.
A livello istituzionale, si parla spesso di introdurre una piattaforma nazionale per la condivisione gratuita dei libri digitali, ma al momento non esiste una data concreta per l’avvio. Il settore scolastico, intanto, resta imbrigliato tra scelte editoriali difficili da contestare e una normativa che fissa regole troppo vaghe, lasciando ampia libertà agli istituti nella selezione dei materiali.
Eppure, le soluzioni possibili ci sarebbero: agevolazioni strutturate per le famiglie con più figli, incentivi per chi sceglie il digitale, maggiori controlli sulle adozioni dei testi, voucher automatici senza necessità di richiesta, migliore trasparenza da parte delle scuole sui costi previsti. Tutto questo, però, resta sulla carta.
Il risultato è un sistema dove il diritto all’istruzione gratuita è garantito solo formalmente, mentre sul piano pratico — quello che riguarda cartelle, penne e libri di testo — si registra ogni anno una crescente disparità di accesso. Una disparità che rischia di alimentare il divario sociale, proprio nel momento in cui la scuola dovrebbe rappresentare il primo strumento di inclusione e pari opportunità.