Donald Trump avrebbe incaricato Tony Blair di guidare un progetto postbellico per la Striscia di Gaza: una governance temporanea fino alla consegna all’Autorità Palestinese.
L’ex premier britannico starebbe lavorando a un piano per il “giorno dopo” il conflitto a Gaza: un’amministrazione internazionale di transizione, diritti garantiti e niente sfollamenti forzati.
Secondo un’esclusiva del Times of Israel, Tony Blair avrebbe ricevuto l’autorizzazione formale da parte dell’ex presidente Donald Trump – oggi in piena campagna elettorale per le presidenziali USA del 2026 – per radunare attori regionali e internazionali attorno a un ambizioso piano di governance postbellica della Striscia di Gaza.
La proposta, elaborata nei primi mesi del conflitto tra Israele e Hamas, prevede la creazione di una “Autorità internazionale di transizione per Gaza”, un organismo temporaneo che avrebbe il compito di gestire l’enclave palestinese fino a una futura consegna all’Autorità Nazionale Palestinese (ANP). L’obiettivo dichiarato è garantire stabilità, continuità amministrativa e tutela dei diritti civili nel delicato periodo successivo al cessate il fuoco.
Un piano multilivello per il “giorno dopo”: chi governerà Gaza dopo la guerra?
Il progetto di Blair, i cui dettagli sono stati visionati dal Times of Israel, si basa su una struttura multilivello che comprende un governo tecnico di transizione, supportato da agenzie internazionali, forze di sicurezza arabe e specialisti civili. La nuova autorità non avrebbe ambizioni politiche a lungo termine, ma si occuperebbe della ricostruzione infrastrutturale, del ripristino dei servizi essenziali e del monitoraggio dei diritti umani, in collaborazione con l’ONU e alcuni Paesi arabi moderati, tra cui Egitto, Giordania e Marocco.

Tra gli elementi più significativi del piano spicca la creazione di una “Property Rights Preservation Unit”, un organismo destinato a proteggere i diritti di proprietà dei cittadini palestinesi anche in caso di allontanamento temporaneo da Gaza. Una misura voluta per smentire le accuse, circolate nei mesi scorsi, secondo cui il piano mirasse a uno sfollamento di massa o a un’ipotetica “Trump Riviera”, una zona di sviluppo economico-turistico fortemente contestata.
Inoltre, la proposta esclude qualsiasi tipo di deportazione forzata: ogni eventuale spostamento dovrà avvenire su base volontaria, con garanzie sul ritorno futuro e sul mantenimento dei diritti civili e patrimoniali. Una posizione che si distanzia nettamente da alcune ipotesi circolate nei media israeliani e americani nei mesi scorsi.
Trump punta sulla diplomazia internazionale mentre si gioca la corsa alla Casa Bianca
L’appoggio di Donald Trump al piano di Blair è tutt’altro che secondario. A meno di un anno dalle elezioni presidenziali del 2026, l’ex presidente sembra voler rafforzare la sua immagine internazionale, presentandosi come l’unico leader americano in grado di portare ordine e soluzioni concrete in Medio Oriente. Il fatto che Blair, ex primo ministro laburista, sia coinvolto sottolinea la natura trasversale del piano, che punta a raccogliere il consenso di più Paesi possibili e a costruire una soluzione “accettabile” per tutte le parti in causa.
Nel frattempo, alla Casa Bianca si è già tenuta una sessione politica dedicata proprio al “day after” di Gaza lo scorso 27 agosto, con la partecipazione di diplomatici, esperti di sicurezza e rappresentanti di diverse ONG. Blair era presente e avrebbe illustrato i primi contorni operativi del piano, ricevendo – secondo fonti vicine al dossier – un cauto sostegno bipartisan, soprattutto da parte degli apparati militari e umanitari americani.
Israele, per ora, non ha espresso una posizione ufficiale sul piano, ma fonti diplomatiche riferiscono che l’idea di una gestione temporanea multilaterale potrebbe incontrare meno resistenze rispetto a un ritorno immediato dell’ANP, ritenuta ancora fragile e poco radicata nella Striscia.
In parallelo, l’Unione Europea starebbe valutando un possibile ruolo nel supporto logistico e tecnico alla nuova autorità, mentre Qatar e Arabia Saudita si mantengono prudenti, ma interessati a non lasciare il vuoto.