I Macron portano in tribunale le prove che Brigitte è nata donna: il caso esplode in USA

Emmanuel e Brigitte Macron

Emmanuel e Brigitte Macron. Fonte foto www.wikipedia.org-ireporters.it

Franco Vallesi

20 Settembre 2025

Emmanuel e Brigitte Macron porteranno prove mediche in tribunale contro l’influencer americana Candace Owens, accusata di aver diffuso teorie diffamatorie sull’identità di genere della première dame.

Una battaglia legale senza precedenti: la coppia presidenziale francese si prepara a difendere pubblicamente la propria dignità contro una delle teorie complottiste più virali del web.

Negli Stati Uniti, una causa per diffamazione rischia di trasformarsi in un caso politico e mediatico internazionale. Emmanuel Macron e la moglie Brigitte hanno avviato un’azione legale contro Candace Owens, nota influencer americana vicina all’ex presidente Donald Trump, accusandola di aver diffuso falsità sulla première dame, sostenendo che sarebbe nata uomo. Un’accusa infondata che, secondo i legali dei Macron, ha superato ogni limite e ha provocato “danno morale” e “distrazione istituzionale”.

Secondo quanto riportato dalla BBC, gli avvocati della coppia francese sono pronti a presentare prove scientifiche e documenti ufficiali per smentire ogni insinuazione. Il caso, destinato a tenersi davanti a un tribunale americano, è già diventato un caso simbolico delle derive dell’informazione nell’era digitale.

Una teoria complottista che circola dal 2021 e ha trovato eco negli ambienti trumpiani

La teoria secondo cui Brigitte Macron sarebbe in realtà nata uomo ha iniziato a diffondersi in Francia nel 2021, ma è esplosa negli Stati Uniti dopo essere stata rilanciata da personaggi influenti come Tucker Carlson e Joe Rogan. In particolare, Candace Owens – ex volto di spicco della destra americana, moglie di George Farmer, ex CEO di Parler – l’ha ripresa in diverse occasioni, amplificandola fino a farla diventare virale tra gli ambienti cospirazionisti americani.

Il legale dei Macron negli USA, Tom Clare, ha dichiarato durante un podcast della BBC che Brigitte Macron ha vissuto questa vicenda con enorme dolore, definendola “sconvolgente e assurda”, e ha sottolineato come la coppia intenda difendere la verità e la dignità personale e pubblica davanti alla legge americana.

Brigitte Macron
Brigitte Macron. Fonte foto www.wikipedia.org-ireporters.it

La risposta degli avvocati di Owens non si è fatta attendere: hanno depositato una mozione per respingere la richiesta di risarcimento, definendo l’intera iniziativa come un tentativo di limitare la libertà di espressione. Ma i Macron non sembrano intenzionati a cedere: secondo quanto dichiarato, puntano a ottenere un risarcimento esemplare, per mettere un freno definitivo alla disinformazione sistematica che circola online, soprattutto ai danni di figure pubbliche.

Il processo come banco di prova per la credibilità delle piattaforme e il limite tra opinione e diffamazione

Il caso potrebbe aprire un precedente. Se i Macron dovessero vincere la causa, molte piattaforme social – dove simili teorie hanno circolato indisturbate per anni – potrebbero essere costrette a ripensare i propri sistemi di moderazione. Allo stesso tempo, emergerebbe un nuovo confine giuridico tra opinione personale e calunnia, specialmente quando le affermazioni infondate toccano temi sensibili come l’identità sessuale.

Il momento scelto per questa battaglia legale non è casuale: in un contesto politico europeo sempre più esposto alla propaganda digitale, l’Eliseo vuole lanciare un messaggio chiaro. Non si tratta solo di una questione personale, ma anche di tutela istituzionale e culturale, in un’epoca in cui la verità rischia di diventare un’opinione tra le tante.

Il fatto che un tribunale americano possa essere chiamato a valutare documenti medici della première dame di Francia segna un punto di svolta nell’intersezione tra politica, privacy e disinformazione. È un segnale forte contro chi, anche dall’altra parte dell’oceano, pensa di poter diffamare impunemente figure pubbliche europee.

Non si tratta solo di difendere l’onore personale, ma di arginare una deriva culturale che normalizza il sospetto e lo trasforma in “intrattenimento.” E a farne le spese sono, ancora una volta, le persone vere, costrette a difendersi da accuse irreali e dolorose in nome della verità.

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