Il dramma di Paolo, vittima dei bulli: «Avevamo denunciato tutto, nessuno ci ha ascoltati»

Scuola e bullismo

In aumento i casi di bullismo tra adolescenti e bambini. Un problema serio che va affrontato-ireporters.it

Franco Vallesi

17 Settembre 2025

La tragedia di Paolo riapre un’emergenza nazionale: servono regole, ascolto e un’alleanza educativa concreta contro il bullismo. Dopo il suicidio di un ragazzo di 14 anni a Latina, cresce la richiesta di misure serie contro bullismo e cyberbullismo. Non è più tempo di silenzi.

Il 10 settembre 2025, Paolo, 14 anni, si è tolto la vita nella sua casa di Latina. Un gesto estremo e disperato, figlio di un dolore accumulato nel tempo. Un dolore che, secondo quanto raccontato dal fratello Ivan Roberto, nasce da episodi di bullismo mai affrontati seriamente dalle istituzioni scolastiche. «Paolo è morto per colpa dei bulli», ha scritto Ivan in una lettera indirizzata a Giorgia Meloni, al ministro Valditara e persino a Papa Leone XIV, chiedendo che questo dramma non venga dimenticato.

Un’emergenza che i ragazzi non vogliono più subire in silenzio

Ivan parla di un silenzio colpevole. La famiglia aveva segnalato ripetutamente episodi di persecuzione, ma nessuno avrebbe raccolto l’allarme in tempo. Non si tratta purtroppo di un caso isolato. Le statistiche confermano che il fenomeno è in crescita. Secondo gli ultimi dati 2025 del Ministero dell’Istruzione, 1 ragazzo su 5 subisce almeno una forma di violenza psicologica o fisica a scuola, e il cyberbullismo continua ad aumentare, spesso nascosto dietro chat, profili falsi e silenzi.

Esiti negativi
Il bullismo può avere epiloghi drammatici. Fermiamo il bullismo-ireporters.it

Ma in questo contesto, una novità importante sta emergendo: molti ragazzi non vogliono più subire. Anzi, chiedono regole, protezione, interventi veri. Una parte crescente di adolescenti non vuole più che episodi come quello di Paolo passino sotto silenzio, e sente il bisogno di confini chiari che li aiutino a vivere in modo più sereno e sicuro, a scuola e online.

Le forme del bullismo e i segnali da non sottovalutare

Il bullismo può manifestarsi in modi diversi, tutti dannosi. Esiste il bullismo fisico, con spintoni, calci e danneggiamento di oggetti personali; quello verbale, fatto di insulti, prese in giro e commenti sessuali; il bullismo psicologico, che esclude ed emargina; e infine il cyberbullismo, spesso il più subdolo, che usa i social per ferire.

I campanelli d’allarme sono tanti, ma non sempre evidenti. Tra i più comuni ci sono: cambiamenti improvvisi d’umore, perdita di amici, dolori fisici ricorrenti, isolamento, tristezza dopo l’uso del telefono, comportamenti autolesivicome il tagliarsi o il voler fuggire di casa. Riconoscere questi segnali è fondamentale per intervenire in tempo.

Nel 2025 sono in aumento anche le richieste di aiuto da parte degli stessi ragazzi, che si rivolgono a servizi come Telefono Azzurro (19696) o 114 Emergenza Infanzia, entrambi attivi 24 ore su 24.

Cosa possono fare famiglie, scuole e istituzioni

Davanti a una realtà così grave, la responsabilità educativa non può più essere scaricata. È necessario che genitori, insegnanti, educatori, politici e aziende lavorino insieme. L’educazione alla tolleranza e al rispetto deve diventare una priorità, non uno slogan. E il primo passo è smettere di far finta di niente.

I genitori devono imparare ad ascoltare senza giudicare, a non minimizzare e a intervenire subito, anche legalmente, se necessario. Le scuole devono attivare protocolli reali contro il bullismo, non solo buone intenzioni. Gli studenti devono essere educati a non essere spettatori passivi: il silenzio è complicità.

Serve una rete di protezione. Bisogna aiutare i ragazzi a non sentirsi soli, a sapere che ci sono adulti disposti ad ascoltarli e a proteggerli. E serve un sistema che non attenda la tragedia per agire.

Oggi più che mai, educare significa anche porre limiti, dire dei no, accompagnare nella crescita. La prevenzione deve partire presto e coinvolgere tutti: famiglie, docenti, psicologi, istituzioni e anche influencer, chiamati a responsabilità nuova.

La scuola del 2025 ha bisogno di più ascolto, più formazione e meno indifferenza. La politica ha il dovere di dotare le scuole di strumenti, di formare personale preparato, di rendere obbligatori i piani anti-bullismo. E la società deve capire che in gioco non c’è solo la vita di un singolo ragazzo, ma la salute emotiva di un’intera generazione.

Il nome di Paolo non può essere dimenticato. Come non devono essere dimenticati tutti gli altri che, come lui, hanno smesso di credere che le cose potessero cambiare. Il cambiamento parte da noi adulti. E ogni giorno che passa senza fare nulla, è un altro passo verso l’indifferenza.

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