Una nave carica di gas russo attracca in Cina pochi giorni prima del vertice Putin-Xi. Dietro al gesto simbolico, una strategia chiara: ridurre l’influenza economica di Usa e Ue e imporre nuove condizioni commerciali a Mosca.
La scena è simbolica e potente: la Arctic Mulan LNG, una gasiera russa, approda nella baia di Beihai, nel sud della Cina, carica di gas liquefatto proveniente dall’Artico russo, sotto pesanti sanzioni occidentali. Pochi giorni dopo, VLADIMIR PUTIN arriva in visita ufficiale a PECHINO. Il messaggio di XI JINPING è inequivocabile: la Cina non si piega alle pressioni di Stati Uniti ed Europa, ma sceglie con chi fare affari. E oggi, quel partner strategico si chiama Russia.
Il gas russo naviga verso est: l’Occidente osserva, la Cina agisce
Mentre a Washington e a Bruxelles si discutono strategie per inasprire le sanzioni contro Mosca, Pechino consolida la sua alleanza energetica con il Cremlino. A fare da contraltare all’appello lanciato dal segretario al Tesoro Scott Bessent, che chiede più determinazione europea nel bloccare i fondi al governo russo, c’è proprio la Cina, che continua ad assorbire le risorse fossili russe in quantità significative.

Nonostante le restrizioni, i Paesi Ue continuano comunque ad acquistare gas, greggio e carburanti dalla Russia. I numeri parlano chiaro: secondo gli ultimi dati del 2025 del centro studi Crea di Helsinki, solo lo scorso luglio l’Unione europea ha speso 1,1 miliardi di euro in forniture energetiche russe. Un peso importante di quella cifra è dovuto alla Ungheria di Viktor Orbán e alla Slovacchia di Robert Fico, ancora vincolate ai vecchi oleodotti sovietici che attraversano l’Ucraina. Ma anche Francia e Germania hanno avuto un ruolo rilevante, con 239 milioni di euro transitati tramite il rigassificatore di Dunkerque.
È pur vero che oggi l’Ue assorbe solo il 6% del petrolio esportato da Mosca, ma restano forti vincoli infrastrutturali per alcuni Stati membri che rendono difficile una disconnessione totale nel breve periodo.
La Cina detta le regole: sconti, attese e pressioni su Mosca
Il dato che preoccupa Washington e Bruxelles però arriva da Oriente. Pechino è oggi il vero cliente privilegiato della Russia, e sta sfruttando la sua posizione di forza per negoziare forniture a condizioni molto vantaggiose. Dal 2022 a oggi, la Repubblica Popolare ha acquistato circa il 47% del greggio, il 44% del carbone e il 30% del metano via gasdotto russo, secondo stime recenti.
Eppure, nonostante i proclami russi, l’accordo per il nuovo gasdotto Power of Siberia 2 — tanto sbandierato da Gazprom — non è mai stato ufficialmente confermato dai cinesi. I negoziatori di Pechino sembrano voler tirare la corda per ottenere prezzi ancora più bassi, forti della crescente dipendenza energetica russa verso i mercati asiatici.
I numeri lo confermano: le esportazioni russe verso la Cina sono calate in valore dell’8% nel 2025, mentre i ricavi da fonti fossili per Mosca sono scesi di circa un terzo rispetto all’anno precedente. Un’emorragia che ha costretto il governo russo ad attingere al proprio fondo sovrano per mantenere il finanziamento delle operazioni militari in Ucraina e l’apparato di sicurezza interna.
Proprio questi dati hanno spinto gli Stati Uniti a valutare nuove contromisure: dazi contro la Cina per scoraggiare i suoi acquisti energetici da Mosca e pressioni sull’Europa per uniformare la linea sanzionatoria. Nel frattempo, l’Unione europea spinge per abbassare il tetto massimo di prezzo a cui i russi possono vendere il greggio, oggi ancora troppo alto secondo molti analisti. L’idea è portarlo a 45 dollari al barile, tagliando ulteriormente le entrate del Cremlino.
In questo delicato equilibrio geopolitico, la Cina si muove come arbitro silenzioso ma decisivo. Approfitta del vuoto lasciato dall’Europa, impone il proprio ritmo a Mosca e guarda agli Stati Uniti con distacco strategico. La guerra in Ucraina si combatte anche così: non solo con armi e trincee, ma con navi gasiere, accordi commerciali e sconti imposti a tavolino. In questo scenario, la partita non è solo tra Russia e Occidente, ma anche — e soprattutto — tra le economie che decidono quando e quanto comprare.