La commissione Affari giuridici del Parlamento europeo ha respinto la richiesta dell’Ungheria: ora il verdetto passa alla plenaria del 7 ottobre
Con 13 voti contrari e 12 favorevoli, la richiesta di revoca dell’immunità è stata respinta. Ma nel voto segreto spunta un giallo: chi ha tradito la linea della destra?
BRUXELLES – Un solo voto di scarto ha evitato che l’eurodeputata italiana Ilaria Salis, eletta con Alleanza Verdi Sinistra, perdesse la propria immunità parlamentare. La commissione giuridica del Parlamento europeo, riunitasi martedì mattina, ha infatti respinto la richiesta presentata dal governo ungherese con 13 voti contrari e 12 favorevoli, ribaltando il parere espresso dal relatore, lo spagnolo Adrián Vázquez Lázara del Partito popolare europeo (Ppe), che aveva invitato a procedere con la revoca.
Il voto, rigorosamente segreto, ha lasciato dietro di sé un giallo politico: il centrosinistra non aveva i numeri per bloccare la revoca e quindi qualcuno nel centrodestra ha votato diversamente rispetto alle indicazioni ufficiali. E ora a Bruxelles si indaga tra le pieghe della diplomazia e della lealtà parlamentare, mentre lo scontro politico si sposta verso la plenaria del 7 ottobre.
I numeri del voto e il rebus dei franchi tiratori
Secondo la ricostruzione dei gruppi politici, le forze che avevano deciso di opporsi alla revoca dell’immunità erano S&D, Verdi, La Sinistra e parte dei liberali (Renew), per un totale stimato di 11 voti sicuri. Non bastavano. Per arrivare a quota 13 – necessaria a bloccare la procedura – almeno due eurodeputati del centrodestra devono aver votato contro la linea dei rispettivi partiti.

Il gruppo Identità e Democrazia (ID) e i Patrioti (Ecr e Lega) avevano annunciato voto favorevole alla revoca. Anche il relatore del provvedimento, Vázquez Lázara, esponente del Ppe, era favorevole alla revoca. Eppure, tra i sette membri del Ppe presenti in commissione, nessuno – secondo quanto riportato da fonti interne – avrebbe manifestato dissenso durante la riunione di gruppo. Da qui nasce il sospetto che due popolari abbiano votato in autonomia, salvando l’immunità di Salis.
Le ipotesi che circolano nel Parlamento europeo parlano di due possibili “franchi tiratori” tra i popolari polacchi e tedeschi: in particolare, si fa il nome di Michał Wawrykiewicz, polacco, e di uno tra i due tedeschi Marion Walsmann o Axel Voss, entrambi membri della Cdu. Nessuno, tuttavia, ha confermato. Il gruppo Ppe ha scelto la via del silenzio: nessun commento ufficiale sul caso.
Il ruolo degli italiani, le accuse e la partita diplomatica
In commissione Affari giuridici, l’Italia è ben rappresentata. I due membri titolari sono Mario Mantovani (Fratelli d’Italia, Ecr) e Mario Furore (M5S, La Sinistra). Ma quest’ultimo non ha partecipato al voto. Presenti come supplentitre esponenti italiani: Brando Benifei e Alessandro Zan (entrambi Pd/S&D), favorevoli alla linea di protezione di Salis, e Raffaele Stancanelli (Lega/Patrioti), schierato invece per la revoca.
Un nome che ha fatto discutere nelle ore successive al voto è quello di Mario Mantovani, vicepresidente della commissione e figura di spicco per Fratelli d’Italia a Bruxelles. Secondo alcune fonti, potrebbe aver votato contro la revoca per evitare una crisi diplomatica tra Roma e Budapest, ma il diretto interessato ha smentito categoricamente: «La commissione giuridica del Parlamento europeo oggi ha scelto di difendere l’indifendibile», ha dichiarato alla stampa, ribadendo la sua opposizione a Salis e alle sue posizioni.
Dietro il voto, però, si nascondono anche dinamiche più complesse. Martedì la commissione era chiamata a esprimersi anche sulla revoca dell’immunità per altri due eurodeputati ungheresi: Péter Magyar, leader dell’opposizione e membro del Ppe, e la socialista Klára Dobrev. Anche in questi casi, la commissione ha respinto le richieste di revoca, segno di una possibile intesa trasversale tra popolari e socialisti.
Questo alimenta l’ipotesi che il Ppe possa aver voluto proteggere i propri alleati ungheresi – come Magyar – e in cambio abbia chiuso un occhio sull’immunità di Salis, sacrificando due voti sulla sua posizione.
Il caso e cosa succede ora
Il caso Salis si sposta ora in plenaria, dove il voto sarà per alzata di mano, a meno che non venga richiesto il voto segreto da almeno un gruppo parlamentare e dal 20% degli eurodeputati. La Sinistra europea da sola non ha i numeriper farlo, ma potrà contare sull’appoggio dei Verdi e dei Socialisti, che potrebbero spingere per replicare lo scrutinio riservato della commissione.
Il governo ungherese, da parte sua, osserva con attenzione. Salis è detenuta in Ungheria con l’accusa di aggressione aggravata durante una manifestazione antifascista. Per l’esecutivo di Viktor Orbán, ottenere la revoca dell’immunità significherebbe poter proseguire con l’azione penale senza ostacoli politici. Ma dopo il voto della commissione, il risultato è tutt’altro che scontato.
La partita è diventata molto più di un caso giudiziario. Sul tavolo c’è il rapporto tra le istituzioni europee e i governi illiberali, il significato stesso dell’immunità parlamentare e l’equilibrio interno tra i grandi gruppi dell’Eurocamera. A decidere non sarà solo il diritto, ma anche la geopolitica europea, i nervi diplomatici e le fratture ideologiche che attraversano Bruxelles. Il 7 ottobre potrebbe segnare uno spartiacque.