Aumenta la tensione tra Kaliningrad e il corridoio di Suwalki: i Paesi baltici preparano evacuazioni e rafforzano le difese
Le manovre militari russe e la pressione propagandistica riaccendono i timori a Riga, Vilnius e Tallinn. Ecco come l’Alleanza Atlantica si sta preparando.
Nel 2025 la minaccia russa ai confini orientali dell’Europa non è più solo un’ipotesi. I Paesi baltici, già in prima linea dopo l’invasione dell’Ucraina, stanno rafforzando le proprie difese e rivedendo i piani di evacuazione civile. Le esercitazioni militari lungo il confine, gli sconfinamenti aerei e i movimenti sospetti lungo il corridoio di Suwalkialimentano timori sempre più concreti su una possibile escalation.
I piani Nato prima dell’invasione dell’Ucraina e lo scenario aggiornato
Prima dell’attacco all’Ucraina nel 2022, i piani della Nato per contrastare un’eventuale offensiva russa prevedevano una ritirata temporanea delle truppe baltiche e l’intervento dopo circa dieci giorni di rinforzi occidentali. In questo scenario, la Lettonia sarebbe potuta cadere in tre giorni e la Lituania avrebbe subito danni devastanti prima di una controffensiva dell’Alleanza.

A quel tempo, nessuno poteva immaginare l’orrore che sarebbe arrivato con le immagini di Bucha e Mariupol. Le città devastate, le fosse comuni e i bombardamenti su aree residenziali hanno cambiato per sempre la percezione del rischio in Europa. E ora, proprio come accaduto con la Crimea e il Donbass, la retorica del Cremlino si concentra sulla “riunificazione” dei territori baltici, definiti con disprezzo “Pribaltika”.
Nel 2025, Estonia, Lettonia e Lituania spendono ben oltre il 2% del PIL in difesa. Le truppe della Bundeswehr, presenti in Lituania, sono state aumentate. I sistemi di sorveglianza nel Baltico sono stati aggiornati e la Linea di Difesa Baltica ora include bunker anticarro, barriere di cemento e recinzioni potenziate.
Perché il corridoio di Suwalki è il punto più vulnerabile d’Europa
Il punto più fragile è il corridoio di Suwalki, una striscia di appena 100 km tra la Bielorussia e Kaliningrad, enclave russa fortemente militarizzata. Questo tratto collega la Lituania alla Polonia e costituisce il solo accesso terrestre dei baltici al resto dell’Europa. Eventuali operazioni in quell’area potrebbero bloccare i rifornimenti Nato, isolando di fatto i tre Stati baltici.
Un’altra preoccupazione strategica riguarda la città di Narva, in Estonia, dove oltre il 90% della popolazione è russofona. La propaganda di Mosca continua ad accusare il governo estone di discriminare i russi locali, fornendo un possibile pretesto per future provocazioni. A Vilnius, la capitale lituana, la tensione è palpabile: si trova a meno di 30 kmdal confine bielorusso, rendendola estremamente esposta in caso di attacco.
Difesa militare, evacuazioni di massa e la guerra ibrida sempre più concreta
Oggi, la popolazione complessiva dei Paesi baltici supera di poco i sei milioni di abitanti, limitando le possibilità di dispiegare forze armate numerose. Tuttavia, i tre governi stanno rapidamente potenziando la propria capacità difensiva. Entro il 2030, la Lituania mira ad avere 17.500 soldati, l’Estonia ha già attivato una forza di guerra di 43.000 uomini e la Lettonia ha reintrodotto la leva obbligatoria.
Oltre alla componente militare, sono in corso esercitazioni civili per evacuazioni di massa coordinate. Le autorità stanno anche testando scenari di emergenza come il blocco del treno Mosca-Kaliningrad, un collegamento ferroviario che attraversa la Lituania e che, secondo alcuni esperti, potrebbe essere usato come pretesto per un’operazione militare camuffata da intervento umanitario.
Il timore più diffuso non è quello di una guerra convenzionale, ma di operazioni ibride: sabotaggi, campagne di disinformazione, attacchi informatici e infiltrazioni di gruppi paramilitari. Proprio come nel 2021, quando decine di migliaia di migranti furono spinti verso i confini europei dalla Bielorussia con l’appoggio russo. Una manovra interpretata da molti come un tentativo di destabilizzazione deliberata dell’Unione europea.
Gli ultimi sconfinamenti di tre caccia russi Mig-29 nella zona baltica hanno riacceso l’allarme. E se i radar e i sistemi di difesa aerea sono stati potenziati, resta la sensazione che il confine orientale d’Europa viva su una linea sottile tra deterrenza e provocazione.
L’equilibrio precario tra deterrenza e provocazione
Nel 2025, l’Europa orientale vive un equilibrio fragile, con i Paesi baltici determinati a non farsi cogliere impreparati. Il loro messaggio è chiaro: la pace si difende con i fatti, non con le speranze. Ma nel cuore della nuova guerra fredda che si gioca tra Mosca e Bruxelles, la vera incognita è quanto ancora durerà la pazienza.
La tensione cresce, i confini si militarizzano e il futuro si gioca tutto su un corridoio di 100 chilometri. Basterà per contenere un nuovo Bucha o un’altra Mariupol?