Dalla Nigeria allo Zambia cresce l’import di pannelli solari cinesi, ma l’accesso all’energia resta vincolato allo sviluppo delle infrastrutture locali e al supporto internazionale.
Tra giugno 2024 e giugno 2025, la Cina ha spedito nel continente africano tecnologie solari per oltre 15 gigawatt di potenza, un aumento del 60% rispetto all’anno precedente. Un boom mai visto prima, che potrebbe rappresentare una svolta storica per l’accesso all’energia nei Paesi in via di sviluppo, se — e solo se — queste tecnologie verranno realmente installate e integrate in reti elettriche funzionanti.
L’Africa, dove l’80% delle persone al mondo senza elettricità risiede, sembra pronta a saltare tappe intermedie e abbracciare il futuro delle energie rinnovabili, ma senza una rete adeguata, il rischio è che i pannelli restino solo promesse impilate nei magazzini.
Il paradosso africano: sole abbondante, energia scarsa
Dei 685 milioni di esseri umani senza elettricità, circa 547 milioni vivono in Africa, con disuguaglianze evidenti anche all’interno del continente: si passa dal 94% di copertura in Sudafrica all’1% del Sud Sudan. Dove l’elettricità non arriva, il quotidiano è fatto di generatori a gasolio, carbonella per cucinare e blackout ricorrenti.

Un problema che non è solo ambientale: i fumi tossici prodotti dal carbone causano oltre 800.000 morti premature ogni anno, colpendo in particolare donne e bambini. In questo scenario, l’arrivo di pannelli fotovoltaici cinesi rappresenta una vera possibilità di svolta sociale e sanitaria.
Eppure, la distribuzione dell’energia solare è più complicata della sua generazione. L’energia prodotta dai pannelli ha bisogno di inverter, batterie, reti locali per essere immagazzinata e usata. Senza queste infrastrutture, anche i 15 GW di pannelli spediti dalla Cina rischiano di trasformarsi in un’occasione mancata.
Il ruolo strategico della Cina e la nuova geografia del solare
La Cina controlla oggi circa l’80% della produzione mondiale di pannelli solari, wafer e celle fotovoltaiche. Dopo i dazi imposti dagli Stati Uniti sotto l’amministrazione Trump e mantenuti negli anni successivi, Pechino ha dovuto cercare nuovi mercati, e ha trovato nel continente africano una valvola di sfogo strategica.
Secondo analisi di settore, nel 2025 l’export complessivo cinese in Africa supererà per la prima volta i 200 miliardi di dollari. Una parte significativa di questo volume riguarda la tecnologia verde, tra cui pannelli solari, batterie e persino veicoli elettrici.
Non si tratta però solo di dumping industriale. Pechino ha iniziato anche a investire direttamente nella manifattura africana, aprendo stabilimenti locali per produrre componenti fotovoltaici, accumulatori e soluzioni per la mobilità elettrica. La Nigeria è al centro di uno di questi progetti, con piani per la produzione di idrogeno verde.
Sudafrica, Nigeria e Algeria guidano l’import di pannelli, ma sono ben 25 i Paesi africani ad aver acquistato almeno 100 MW di fotovoltaico nell’ultimo anno — rispetto ai soli 15 del 2024.
Secondo il report di Ember, la tendenza è chiara: più che grandi impianti industriali, a crescere è il fotovoltaico distribuito, installato su tetti di case, scuole e piccole imprese.
Mini-reti solari e progetti locali: la sfida dei prossimi anni
Nel 2025 è in corso un cambiamento di paradigma. Non si punta più solo a grandi centrali o parchi fotovoltaici, ma a mini-reti decentralizzate, adatte a villaggi remoti e comunità rurali scollegate dalla rete elettrica nazionale.
Un esempio concreto è il progetto dello Zambia, che punta a portare l’elettricità a mille comunità con mini-reti solari sostenute da Nazioni Unite e Unione europea.
Ancora più ambiziosa è la Missione 300 lanciata dalla Banca mondiale a gennaio 2025: un piano per fornire energia a 300 milioni di persone nell’Africa subsahariana entro il 2030. Un’iniziativa che, se rispettata, potrebbe cambiare la storia energetica del continente.
E i numeri lo confermano: in Nigeria, secondo uno studio, i pannelli fotovoltaici si ripagano da soli in sei mesi, grazie al risparmio sul gasolio. In 17 Paesi africani, la capacità dei generatori diesel supera ancora quella delle centrali collegate alla rete.
Ma con un’accelerazione sul solare, questo squilibrio potrebbe invertirsi nel giro di pochi anni, favorendo l’autonomia energetica, l’inclusione sociale e la riduzione dell’impatto ambientale.
Il 2025 segna un momento decisivo per il futuro energetico dell’Africa. Con il sole come alleato e la Cina come fornitore, il continente ha l’opportunità concreta di saltare l’era fossile e costruire un modello sostenibile, diffuso e accessibile. Ma perché questo accada, serve più di un container di pannelli: servono reti intelligenti, formazione tecnica, governance trasparente e investimenti a lungo termine. Solo così il sole africano potrà finalmente illuminare anche le zone più buie.