La verità sulle marmellate italiane: frutta made in Cina e Turchia in etichetta italiana

Marmellate e frutta

Da dove arriva la frutta nelle conserve?-ireporters.it

Franco Vallesi

24 Settembre 2025

Oltre il 40% della frutta usata nelle marmellate italiane arriva dall’estero, ma pochi consumatori lo sanno.

Dietro molte etichette che evocano l’artigianalità italiana si nasconde una filiera globale poco trasparente. Ecco come difendersi.

Quando acquistiamo una marmellata “made in Italy”, la confezione ci racconta spesso una storia di frutteti italiani, ricette della nonna e bontà artigianale. Ma la realtà è spesso molto diversa. Secondo dati ISTAT e Ismea, nel solo 2022 oltre il 40% della frutta trasformata dall’industria italiana di marmellate e confetture proviene da paesi extra-UE, in particolare Polonia, Serbia, Cina e Turchia.

Nel 2025 la tendenza non è cambiata, anzi. Mentre le immagini sulle confezioni si fanno sempre più evocative, la filiera della frutta continua a percorrere migliaia di chilometri prima di arrivare nei vasetti che troviamo sugli scaffali.

Origine della frutta assente in etichetta: la normativa consente ambiguità

Il motivo per cui il consumatore spesso non si accorge della provenienza estera è semplice: la normativa europea non obbliga i produttori a indicare l’origine della frutta, salvo in casi specifici in cui l’omissione potrebbe risultare ingannevole. Questo consente a molte aziende di etichettare come “made in Italy” prodotti che, in realtà, sono solo lavorati e confezionati in Italia, ma preparati con materie prime straniere.

Così, anche una marmellata a base di fragole turche o albicocche cinesi può apparire come 100% italiana, a meno che il produttore scelga volontariamente di dichiarare l’origine della frutta. La legge lo consente, ma la trasparenza viene sacrificata.

Piantagione cinese
Coltivazione di agrumi in Cina-ireporters.it

Secondo analisi scientifiche recenti, la frutta destinata all’esportazione viene spesso raccolta acerba, per resistere meglio ai lunghi trasporti e alle refrigerazioni forzate. Questo processo comporta una perdita misurabile di vitamina C, polifenoli, antociani e composti aromatici, rispetto alla frutta fresca lavorata localmente.

Il risultato? Una marmellata che, pur essendo legale e sicura, ha meno sapore e meno benefici nutrizionali rispetto a un prodotto ottenuto da frutta fresca e italiana.

Nel 2025 il tema è ancora più attuale, con la crescente attenzione dei consumatori verso prodotti naturali, locali e sostenibili. Ma la mancanza di obblighi chiari in etichetta lascia troppo spazio a pratiche borderline che confondono anche gli acquirenti più attenti.

L’impatto ambientale della frutta importata e i segnali per riconoscerla

Importare frutta da paesi lontani non incide solo sul sapore o sul valore nutrizionale. Ha anche conseguenze ambientali enormi. Secondo uno studio del Politecnico di Milano, trasportare una tonnellata di pesche dalla Cina all’Italia genera circa 1.700 kg di CO₂, contro meno di 100 kg per la stessa quantità trasportata localmente.

Questo significa che un consumatore convinto di fare una scelta “verde” acquistando una marmellata con etichetta italiana, potrebbe inconsapevolmente contribuire a un impatto climatico elevato, semplicemente perché la frutta non è locale.

Ma come fare per capire da dove proviene davvero la frutta?

Ci sono alcuni indizi utili:

  • Etichette vaghe con diciture come “frutta selezionata”, senza indicazioni geografiche chiare.

  • Prezzi molto più bassi della media per prodotti simili.

  • Assenza di qualsiasi riferimento alla provenienza negli ingredienti.

  • Presenza di nomi generici (es. “purea di frutta”) senza specifiche.

In generale, chi utilizza frutta italiana o locale tende a metterlo bene in evidenza sull’etichetta, perché si tratta di un valore aggiunto. Al contrario, chi si affida a frutta importata preferisce concentrare l’attenzione su storytelling aziendale, lavorazione artigianale, design del vasetto. Un comportamento confermato anche da analisi di marketing alimentare pubblicate nel 2024.

In un mercato sempre più competitivo, la trasparenza è un vantaggio. Le aziende che dichiarano chiaramente l’origine della frutta dimostrano attenzione verso il consumatore, ma anche apertura a controlli più rigorosi e standard più elevati. Questo si riflette spesso in una filiera più tracciabile, una maggiore sostenibilità e investimenti nella qualità reale, non solo percepita.

Come scegliere consapevolmente la marmellata: strategie e strumenti pratici

Per chi vuole fare una scelta informata, gli esperti consigliano alcune strategie semplici ma efficaci:

  • Preferire prodotti con indicazione dell’origine geografica della frutta, specie se italiana o regionale.

  • Valutare il prezzo con attenzione: una marmellata troppo economica potrebbe nascondere compromessi sulla qualità della materia prima.

  • Verificare il sito web del produttore, cercando informazioni aggiuntive sulla provenienza e sulla filiera.

  • Usare portali come “Origine della filiera” del MIPAAF, che forniscono dati ufficiali sulla tracciabilità agroalimentare.

  • Acquistare in botteghe locali, mercati contadini o rivenditori che promuovono la filiera corta.

Scegliere marmellate prodotte con frutta italiana realmente certificata non è solo una questione di gusto, ma anche di impatto ambientale, etico ed economico. Ogni vasetto è un piccolo gesto, ma quando a farlo sono migliaia di consumatori, può cambiare l’intera direzione del mercato.

Nel 2025, con l’aumento della sensibilità verso le tematiche di sostenibilità, trasparenza e origine, è proprio il consumatore informato a fare la differenza. Premiare chi investe nella qualità reale significa sostenere la produzione agricola nazionale, difendere la biodiversità e incoraggiare una comunicazione più onesta nel settore alimentare.

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