Le mani della camorra sul ponte Morandi

Alessandra Tommasino

Impresa incaricata della demolizione del ponte Morandi di Genova legata alla camorra napoletana.

Le mani della camorra sulla demolizione del ponte di Genova. Interdittiva antimafia nei confronti dell’impresa Tecnodem srl con sede a Napoli, impegnata nelle attività connesse alla ricostruzione del “ponte Morandi”, ritenuta permeabile ed esposta al pericolo di infiltrazione della criminalità organizzata di tipo mafioso.
La Tecnodem che si occupa di demolizione industriale di materiale ferroso, a febbraio scorso è stata inserita tra le ditte sub-appaltatrici per la demolizione e la bonifica degli impianti tecnologici, per una cifra pari a cento mila euro. Il committente è la Fratelli Omini spa.

Clan Misso – Mazzarella – Sarno

Le indagini che hanno messo in rilievo i collegamenti fra l’impresa e sodalizi camorristici sono state condotte dalla Direzione investigativa antimafia. “L” amministratrice e socio unico della Tecnodem – scrive la Dia – è Marigliano Consiglia, priva di titoli o esperienze professionali di settore, consuocera di Varlese Ferdinando, pluripregiudicato 65enne di Napoli e domiciliato a Rapallo, dipendente della Tecnodem”. Varlese ha alle spalle una condanna per associazione a delinquere insieme ad altri coimputati affiliati al clan “Misso – Mazzarella – Sarno”, già appartenente all’ organizzazione camorristica denominata “Nuova Famiglia”, i cui boss di riferimento erano Michele Zaza e suo nipote Ciro Mazzarella. Ma non solo, Varlese ha anche una condanna per estorsione con metodo mafioso.

Il ponte del progresso e del dolore

La notizia si é abbattuta su una popolazione già molto provata dal crollo, dalle decine di morti e dai disagi. Per arrivare dal vivace porto Antico di Genova al quartiere Certosa, attraversato dal tratto di ponte caduto, sono solo poche fermate di metropolitana. Il cantiere per la demolizione è aperto fino a tarda sera, gli operai non si fermano mai e la zona Rossa, quella dove ci sono le case da abbattere, è costantemente presidiata dai vigili urbani.

Sembra un’area fantasma, regna un gran silenzio. Le persone del posto, stanche dell’assedio dei giornalisti, non parlano molto volentieri. Un uomo di mezz’età percorre la strada ripristinata dopo la rimozione delle macerie e con il dito indica ciò che c’era, ma non si sofferma: “Devo andare al lavoro”. Bisogna spostare di molto lo sguardo per andare da un’estremità all’altra, il tratto caduto quel maledetto 14 agosto è di 250 metri e il dolore è ancora tangibile. “Ero passato mezz’ora prima che cadesse”, racconta un anziano siciliano che vive a Genova da 50 anni. “Quel ponte marcio era, lo sapevano tutti”, afferma commuovendosi. Eppure il ponte Morandi per l’epoca era futuristico, un’opera straordinaria. “Era un orgoglio per noi -osserva un tassista – prima lo percorrevamo dieci volte al giorno e oggi ci manca molto”.

 

 

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