L’analisi su 31 tipi di croccantini commerciali solleva dubbi sull’uso del termine “completo” e apre il dibattito sulle regole da imporre ai produttori di pet food.
Sempre più proprietari di cani scelgono di ridurre o eliminare le proteine animali anche nella dieta dei loro animali. La tendenza, legata alla diffusione di diete vegane e vegetariane tra gli esseri umani, spinge i produttori a proporre versioni di pet food a base vegetale, spesso accompagnate dall’aggettivo “completo”. Ma la domanda è: quanto è accurata questa etichetta? Uno studio pubblicato su PLoS One dai ricercatori dell’Università di Nottingham ha dimostrato che, almeno per il mercato britannico, nessun alimento per cani — che sia con carne o totalmente vegetale — soddisfa pienamente le linee guida fissate dalla European Pet Food Industry Federation (Fediaf), l’organizzazione che rappresenta le stesse aziende del settore.
Lo studio sui croccantini
I ricercatori hanno esaminato 31 prodotti secchi per cani venduti come “completi”. Il campione comprendeva 19 croccantini a base di carne, sei a basso contenuto proteico destinati a cani con problemi renali e sei di origine interamente vegetale. I risultati hanno evidenziato che i profili nutrizionali non differiscono in modo marcato tra pet food con carne e pet food vegano. Tuttavia, negli alimenti vegetali sono emerse carenze di iodio e vitamine del gruppo B, nutrienti fondamentali per il corretto sviluppo e mantenimento delle funzioni metaboliche dei cani.

In generale, nessuno dei 31 prodotti analizzati rispetta tutte le linee guida della Fediaf, ad eccezione della vitamina D, presente in quantità adeguata. Dei campioni esaminati, solo 17 soddisfano i requisiti per gli amminoacidi essenziali, indispensabili perché i cani — come gli esseri umani — non possono produrli da soli. Ancora meno i prodotti in linea con i livelli di minerali: solo cinque rientrano nei parametri per rame, ferro, manganese, zinco, selenio e iodio. Quanto alle vitamine del gruppo B, soltanto sette alimenti presentavano livelli adeguati, con lacune particolarmente evidenti in diverse formulazioni. La ricerca, pur limitata numericamente, mostra quindi un quadro critico: l’indicazione “completo” riportata sulle confezioni non corrisponde quasi mai a un reale equilibrio nutrizionale.
Interpretazioni e prospettive
Gli autori precisano che il campione analizzato non basta per trarre conclusioni definitive sull’intero mercato. Tuttavia, emerge un problema di fondo: nel settore del pet food l’uso di termini come “completo” non è vincolato a verifiche stringenti. In pratica, un produttore può etichettare un alimento come nutrizionalmente equilibrato anche quando non lo è. Dal punto di vista veterinario, la situazione non appare drammatica. Eventuali carenze possono essere compensate variando l’alimentazione o integrando con supplementi specifici. Resta però aperta la questione della trasparenza per i consumatori, che spesso acquistano prodotti fidandosi delle diciture sulle confezioni.
Secondo i ricercatori, la strada più efficace è quella di rivedere le ricette, con l’obiettivo di formulare alimenti realmente conformi agli standard. Questo vale soprattutto per i prodotti di origine vegetale, sempre più richiesti dai proprietari sensibili al tema ambientale e al ridotto consumo di carne. In un contesto in cui il numero di cani continua a crescere nei Paesi occidentali, sviluppare un pet food vegano completo avrebbe anche un impatto sulla sostenibilità, riducendo il peso ambientale legato all’allevamento. Gli studiosi concludono che è necessario stabilire regole più chiare sull’uso dell’etichetta “completo”, così da garantire un’informazione corretta ai proprietari e tutelare il benessere degli animali. La sfida è aperta: fornire cibi alternativi, più sostenibili, ma anche sicuri e pienamente adeguati ai bisogni nutrizionali dei cani.