Prima casa e Superbonus, cosa cambia. 30 mesi di tempo per trasferirsi dopo la sospensione

Bonus prima casa

La perdita dei benefici comporta un’imposta sostitutiva molto più alta. - www.ireporters.it

Luca Antonelli

5 Settembre 2025

La circolare delle Entrate chiarisce i tempi per conservare le agevolazioni prima casa dopo lo stop ai lavori: 30 mesi per trasferire la residenza.

Un nuovo chiarimento dell’Agenzia delle Entrate, pubblicato il 4 settembre 2025, ha risolto uno dei nodi rimasti aperti nella gestione delle agevolazioni fiscali sulla prima casa. Il riferimento è ai contribuenti che hanno acquistato un’abitazione beneficiando del regime agevolato ma non sono riusciti a trasferire la residenza nei 18 mesi previsti per cause legate a lavori edilizi, spesso connessi al Superbonus. La risposta ufficiale dell’Agenzia stabilisce che, in questi casi, il termine per cambiare residenza non è perso: decorre nuovamente dalla fine della sospensione dei lavori, con un margine massimo di 30 mesi.

La questione è nata da un’interpello, in cui un contribuente segnalava di aver acquistato un immobile con le agevolazioni previste per la prima casa, ma di non aver potuto trasferirsi per via della sospensione dei cantieri causata da eventi non dipendenti dalla propria volontà. In particolare, era stato richiesto se il termine degli originari 18 mesi potesse slittare, visto lo stato del fabbricato e l’impossibilità oggettiva di abitarlo.

L’Agenzia ha ritenuto valida la sospensione dei termini, richiamando l’articolo 24, comma 3, del decreto legislativo 23 del 2011, secondo cui, in presenza di impedimenti oggettivi e documentabili, i termini per il trasferimento della residenza si considerano interrotti e riprendono a decorrere dal momento in cui cessano le cause che li hanno impediti.

I 30 mesi partono dalla fine dell’impedimento

La circolare spiega che non è sufficiente genericamente invocare la sospensione dei lavori: è necessario dimostrare che l’ostacolo al trasferimento della residenza è stato reale, diretto e non imputabile al contribuente. In questo caso, il blocco dei cantieri per interventi legati al Superbonus è stato ritenuto una causa valida.

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La casa come punto di partenza. – www.ireporters.it

Con questo orientamento, l’Agenzia delle Entrate estende la finestra temporale per adempiere all’obbligo del cambio di residenza, fissandola in 30 mesi dal termine della sospensione. Non si tratta di un automatismo, ma di una possibilità riconosciuta solo a chi documenta in modo puntuale l’impedimento. Il principio alla base della decisione è che il contribuente non può essere penalizzato per eventi che sfuggono al suo controllo diretto.

La norma, come sempre, lascia spazio alla valutazione dei singoli uffici territoriali, che avranno il compito di verificare caso per caso la legittimità dell’estensione del termine. Non è quindi sufficiente allegare una semplice autocertificazione: bisogna fornire documenti tecnici, verbali di sospensione lavori, comunicazioni del direttore dei lavori o atti ufficiali che certifichino l’interruzione.

L’indicazione dei 30 mesi non è casuale. Rappresenta il tempo massimo entro il quale l’Agenzia ritiene ancora congruo il differimento, mantenendo il beneficio fiscale. Oltre questa soglia, anche in presenza di ritardi oggettivi, il diritto all’agevolazione decade, con obbligo di restituzione delle imposte non versate.

Chi rischia di perdere le agevolazioni

Il chiarimento dell’Agenzia ha effetti pratici immediati per chi si trova a dover dimostrare il rispetto delle condizioni previste per i benefici prima casa. Secondo i dati delle associazioni di categoria, sono centinaia i contribuenti che, negli ultimi tre anni, hanno acquistato un immobile con le agevolazioni e si sono trovati impossibilitati a rispettare la scadenza dei 18 mesi per la residenza.

Le cause sono spesso legate a ritardi nei cantieri Superbonus, sospensioni per cambio di normativa, mancanza di materiali o difficoltà legate alla cessione del credito. In molti casi, gli immobili erano ancora inagibili al termine previsto dalla legge. Ora, grazie alla circolare del 4 settembre, chi può dimostrare che la sospensione è dipesa da questi fattori ha una possibilità in più di salvare l’agevolazione.

È bene ricordare che la perdita dei benefici comporta un’imposta sostitutiva molto più alta rispetto a quanto versato inizialmente, oltre a sanzioni e interessi. L’Agenzia è già intervenuta in passato su casi analoghi, accertando la decadenza del beneficio in mancanza di documentazione sufficiente.

Chi è in questa situazione dovrebbe quindi valutare di raccogliere tutti gli atti relativi al blocco dei lavori, alle comunicazioni ricevute e a eventuali proroghe concesse dai Comuni o dai tecnici incaricati. I professionisti del settore consigliano di non aspettare l’avviso di accertamento, ma di muoversi prima con una comunicazione all’Agenzia, allegando tutto ciò che serve a dimostrare la buona fede.

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