La vedova di Navalny accusa pubblicamente il Cremlino e chiede giustizia, mentre Putin torna sulla scena internazionale
Nel video pubblicato online, Yulia Navalnaya rompe il silenzio e accusa senza mezzi termini il presidente russo e i servizi segreti: “Mio marito è stato avvelenato. E ora il mondo lo perdona”
La battaglia per la verità sulla morte di Alexei Navalny, il principale oppositore di Vladimir Putin, continua con forza anche nel 2025. Con un video pubblicato sui social, lungo oltre quattro minuti, Yulia Navalnaya ha lanciato una nuova, durissima accusa: “Alexei è stato avvelenato”, ha dichiarato. Lo fa mostrando campioni biologici raccolti in segreto, analizzati da due laboratori occidentali che confermano, secondo lei, la causa della morte. Il tutto mentre Putin, dopo il ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca, è tornato progressivamente a essere accolto nei consessi internazionali.
I risultati dei laboratori e la testimonianza dei detenuti
Nel video diffuso dalla vedova, emergono dettagli inquietanti: “Nel febbraio 2024 siamo riusciti a ottenere dei campioni biologici di Alexei. Li abbiamo fatti arrivare all’estero e due laboratori, in due diversi Paesi, hanno concluso che è stato avvelenato”, ha spiegato Yulia. I nomi dei laboratori non sono stati resi noti, ma la richiesta è chiara: rendere pubblici i risultati.
La testimonianza di cinque dipendenti della colonia penale siberiana in cui era detenuto Navalny confermerebbe il sospetto. L’oppositore avrebbe vomitato e avuto convulsioni prima di essere lasciato solo per oltre un’ora, mentre i medici erano “in pausa pranzo”. Solo in seguito sarebbe stato soccorso, troppo tardi. Nel video, la vedova mostra anche una fotografia della cella, con evidenti tracce di vomito, e denuncia la totale assenza di filmati dalle telecamere di sicurezza della struttura.

L’immagine di quell’uomo abbandonato in una cella, in preda alle convulsioni, colpisce come uno schiaffo. Il fatto che non esistano video in una prigione ipersorvegliata, dove le videocamere registrano ogni movimento, alimenta dubbi e sospetti.
Navalny, simbolo della resistenza e bersaglio del regime
Il nome di Alexei Navalny è stato per anni sinonimo di lotta alla corruzione. Con la sua Fondazione anticorruzione, ha portato alla luce scandali e intrecci di potere che coinvolgevano i vertici russi. Ha affrontato arresti ripetuti, condanne ingiuste e persino un tentativo di avvelenamento nel 2020, quando fu colpito da Novichok, un potente agente nervino.
Anche dopo quell’episodio, Navalny aveva scelto di tornare in Russia, sapendo di rischiare la vita. Un gesto che lo ha reso ancora più centrale nella resistenza al regime di Putin. Il suo ultimo sacrificio, però, è stato oscurato dal silenzio diplomatico che, nel 2025, si è fatto sempre più assordante.
Putin, intanto, ha dichiarato di essere stato pronto a scambiare Navalny con alcune spie russe detenute all’estero, ma ha liquidato la sua morte con poche parole: “Sfortunatamente, quello che è successo è successo”. Nessun mea culpa, nessuna apertura a indagini indipendenti.
E oggi, con nuove alleanze internazionali che sembrano voler archiviare l’affaire Navalny in nome di strategie geopolitiche più ampie, la vedova alza la voce: “Smettetela di flirtare con Putin per motivi di potere. Finché rimarrete in silenzio, non si fermerà”.
Il ritorno di Putin nei vertici internazionali accende la protesta
Il contesto politico è profondamente cambiato. Con il cambio alla presidenza americana, la Russia ha ricominciato a sedere nei tavoli internazionali, a partecipare a summit e a essere interlocutore privilegiato in diversi dossier energetici e militari. Ma Yulia Navalnaya avverte: “Non riuscirete a placarlo. La sua violenza continuerà a crescere finché il mondo non avrà il coraggio di isolarlo davvero”.
Nel 2025, la situazione dei dissidenti russi è ancora drammatica. Secondo stime di ONG indipendenti, ci sono oltre 400 detenuti politici nelle carceri russe, mentre in molte zone del Paese è in vigore una censura totale su stampa e social. La vedova chiede che il sacrificio di Alexei non venga dimenticato o normalizzato: “Affermo che Putin è colpevole dell’omicidio di mio marito. E accuso i servizi segreti russi di usare armi chimiche e biologiche proibite”.
Nel silenzio crescente delle cancellerie occidentali, il grido di Yulia Navalnaya resta una delle poche voci libere in grado di raccontare cosa accade davvero sotto il regime russo.