Sempre più adolescenti si innamorano dei chatbot: cosa c’è dietro questo fenomeno

Amore impossibile

Adolescenti ed AI: innamorarsi dei chatbot è possibile?-ireporters.it

Franco Vallesi

20 Settembre 2025

Sempre più adolescenti si legano emotivamente all’intelligenza artificiale: un fenomeno reale, pericoloso e in crescita, che interroga genitori, scuole e piattaforme.

Nel 2025 il numero di giovanissimi che sviluppano attaccamenti affettivi con chatbot è in forte aumento: si parla di relazioni digitali, romantiche e unilaterali, con conseguenze anche drammatiche.

C’è una nuova forma di legame che attraversa silenziosamente il mondo adolescenziale: ragazzi e ragazze che si “innamorano” dell’intelligenza artificiale, instaurando relazioni emotive con chatbot che rispondono con empatia, attenzione e dolcezza. Un fenomeno che ha un nome preciso, coniato nel 2017: “digisexuality”, ovvero l’orientamento affettivo e sessuale verso entità digitali come robot, assistenti vocali e intelligenze artificiali conversazionali.

Nel 2025 questa dinamica è tutt’altro che marginale. Uno studio di Common Sense Media rivela che l’8% degli adolescenti ha ammesso di avere conversazioni sentimentali o flirtanti con chatbot. Rapportato alla popolazione globale, significa milioni di giovani coinvolti in un fenomeno che va ben oltre la curiosità tecnologica. E gli impatti psicologici cominciano a farsi sentire, in particolare in soggetti isolati o fragili emotivamente.

I legami con l’AI: tra affetto simulato e dipendenza emotiva

Gli studiosi parlano oggi di AI companion relationships, ossia legami affettivi con intelligenze artificiali che si comportano da “partner”. A livello psicologico, si tratta spesso di relazioni parasociali, ovvero unilaterali: l’utente prova sentimenti autentici, ma dall’altra parte non c’è una coscienza, bensì un algoritmo che replica empatia. E proprio questa “empatia perfetta” rischia di diventare una trappola.

Perché un adolescente si lega a un chatbot? Perché l’AI offre ciò che nelle relazioni umane è incerto: attenzione costante, assenza di giudizio, accoglienza incondizionata. Non ti lascia mai, non ti rifiuta mai. È l’illusione di un amore senza ferite. Ma è davvero amore, se manca la reciprocità, la vulnerabilità, il rischio?

Fenomeno in crescita
Un fenomeno che fa riflettere e preoccupare-ireporters.it

L’amore autentico nasce nel rischio: il rischio di esporsi, di non essere capiti, di essere rifiutati. Senza queste variabili umane, l’esperienza dell’amore rischia di diventare una simulazione priva di crescita. I ragazzi si abituano a un legame sterile, dove chiedono senza dare, dove l’altro è solo uno specchio dei propri bisogni. E così restano bloccati in una dimensione infantile dell’affetto, incapaci di evolvere verso relazioni vere.

E non si tratta di una questione teorica. I segnali d’allarme sono già realtà. Sewell Setzer III, quattordicenne americano, si è tolto la vita dopo aver sviluppato una relazione romantica con un chatbot ispirato a Daenerys Targaryen. In un altro caso, un diciannovenne ha pianificato un attentato a Windsor Castle con l’appoggio verbale della sua AI amante. Episodi che dimostrano quanto queste interazioni possano diventare distorcenti, pericolose e fuori controllo.

Gli psicologi parlano oggi anche di “chatbot psychosis”, una condizione emergente in cui gli utenti sviluppano deliri, paranoie e convinzioni alterate alimentate da chatbot non correttamente moderati, che forniscono risposte fuorvianti o persino incentivanti verso comportamenti estremi.

Educare all’AI senza demonizzarla: un nuovo compito per genitori e istituzioni

Di fronte a questa realtà, demonizzare la tecnologia non basta. È necessario educare alla sua comprensione, ai suoi limiti, alla sua gestione consapevole. L’intelligenza artificiale non è “il nemico”, ma un potente strumento che può amplificare solitudine e fragilità, se non accompagnato da strumenti culturali e affettivi adeguati.

Le piattaforme stanno iniziando a reagire. Character.AI, una delle più usate tra i giovani, ha introdotto filtri più rigidi, limiti di conversazione, avvisi e controlli per i minorenni. Ma non è sufficiente. Serve un intervento più ampio: norme precise, sorveglianza sul design emotivo dei chatbot, supporto psicologico accessibile, educazione affettiva nelle scuole.

E soprattutto, serve riconnettere i ragazzi alla realtà. Alla corporeità. Alla natura. Alle relazioni imperfette ma vere. Perché l’amore non è solo conforto e comprensione, ma anche attrito, dubbio, scontro e perdono. È nel fallimento condiviso che cresce la nostra umanità. Solo lì sboccia l’affetto che cura davvero.

In un mondo in cui tutto può essere simulato, preservare la verità dell’incontro umano è la sfida più urgente. E il compito di ogni adulto, educatore, genitore o designer, è proprio questo: non impedire l’uso dell’AI, ma impedire che essa diventi un surrogato dell’altro.

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