Asher Baum è uno scrittore in crisi di senso, che sceglie il silenzio del bosco e la compagnia del proprio io per affrontare il peso dell’esistenza.
Un ritratto ironico e malinconico di uno scrittore che lotta con l’ansia, la vecchiaia e il bisogno di trovare un senso, anche solo parlando da solo.
Negli ultimi giorni d’estate del 2025, immerso nel verde di una tenuta lontana da tutto, Asher Baum, scrittore cinquantenne, ha cominciato a coltivare una nuova abitudine: parlare da solo. Ma non si tratta di un cedimento mentale, né di deliri senili. È piuttosto il segno più autentico di un’intelligenza costretta a ruminare l’assurdo della vita, quando il mondo intorno tace e nessuno sembra più in grado di ascoltare davvero.
Una voce sola nel silenzio del mondo
Baum non è pazzo, né senile. I medici gli raccomandano giusto di ridurre il sale, di correre e di mettere la crema solare. Ha una salute solida, ma dentro di lui brucia una lotta interiore continua, alimentata da ansia ipocondriaca e un’insaziabile sete di risposte. Vede minacce in ogni cosa: un neo diventa abisso, un colpo di tosse è un presagio, una canzone può ferirlo come una pugnalata. Nulla gli è indifferente, nemmeno la bellezza.

Nello specchio riconosce gli occhi tristi del padre e il naso semitico della madre, ma soprattutto vede la propria inquietudine, una presenza silenziosa e costante. I suoi capelli spettinati, gli occhiali da studioso, le discussioni solitarie lungo il lago diventano piccoli rituali in cui ogni giorno tenta di tenere insieme i pezzi di un’esistenza che sembra sul punto di disfarsi.
Nei trenta ettari di bosco selvaggio intorno alla casa intestata alla moglie Connie, Asher cammina e dialoga con se stesso, chiedendosi chi, oltre a lui, sia disposto ad ascoltarlo senza giudizio. Nessuno lo conosce così bene. Nessuno, forse, potrebbe tollerare il fiume di domande e contraddizioni che lo attraversano. La sua voce interiore diventa così l’unica interlocutrice affidabile, a volte anche l’unica disposta a rimanere.
Scrivere per opporsi al caos e all’inutilità
Scrivere, per Baum, non è mai stato un mestiere, ma una missione. Non ha mai creduto che bastasse raccontare la realtà: la finzione, per lui, è più reale della realtà stessa. Dentro un romanzo si può arrivare al cuore della verità, laddove i resoconti giornalistici si limitano alla superficie. Lo ha capito presto: non voleva morire lasciando dietro di sé solo silenzio.
Nei suoi libri Baum cerca di affrontare l’enigma della vita. Crede che l’umanità intera sia immersa in un circo caotico, e che solo la letteratura possa dare un senso alla “baracca con i suoi burattini”. Ha deciso di sfidare la “morte” evocata da Auden, quel rombo lontano che disturba anche i picnic più felici. Lo ha fatto armato solo di parole, strutture narrative e una malinconia testarda.
Ma oggi si chiede se abbia davvero senso. Se il peso della scrittura “ponderosa” che si imponeva fosse giustificato. O se, alla fine, tutto quello che resta sia un macigno da spingere su per la collina, come Sisifo. E se in cima ci fosse solo un macigno su una collina, varrebbe la pena di tutta quella fatica?
Il dubbio è feroce. Perché se nessuno legge, se nessuno capisce, se tutto cade nell’oblio… allora davvero potrebbe ritrovarsi su una tomba con scritto: “Qui giace Asher Baum. E allora?”
Una riflessione sull’uomo contemporaneo
Il personaggio di Asher Baum, protagonista dell’ultimo romanzo di Woody Allen, in uscita in Italia il 23 settembre 2025per La nave di Teseo, è più che mai attuale. In un’epoca in cui l’individuo si rifugia nei monologhi interiori, dove la salute mentale è sempre più fragile, Baum rappresenta la coscienza che non riesce a spegnersi, il pensiero che continua a interrogarsi anche quando tutto il resto si arrende al cinismo o alla superficialità.
È un personaggio che non consola, ma che mette a nudo il nostro bisogno di senso, anche quando questo sembra inafferrabile. Una figura che, nel panorama letterario di oggi, non urla ma lascia tracce profonde, come quelle lasciate dai passi sul sentiero che costeggia uno stagno. Silenziose, ma indelebili.