Vittime innocenti della camorra a confronto con i Prefetti Cannizzaro e Ruberto

I familiari delle vittime innocenti della camorra, hanno incontrato i Prefetti Raffaele Cannizzaro che presiede il Comitato di solidarietà per le vittime dei reati violenti ed il prefetto di Caserta, Raffaele Ruberto.

La voce dei familiari

“Eravamo solo delle bimbe e mai avremmo potuto immaginare quello che la vita ci avrebbe riservato. Nostro padre fu ucciso da innocente e noi continuiamo ad essere condannate senza colpa”. La sua voce è rotta dall’emozione a stento trattenuta. A parlare è Rossana Pagano, figlia di Pasquale che fu ammazzato per uno scambio di persona il 26 febbraio del 1992 a Casapesenna. Il suo dolore e sconcerto li ha pubblicamente manifestati davanti al prefetto Raffaele Cannizzaro che presiede il Comitato di solidarietà per le vittime dei reati violenti e al prefetto di Caserta, Raffaele Ruberto, ieri pomeriggio a Casal di Principe, presso Casa don Diana in un convegno voluto dal Comitato don Peppe Diana, da Libera Caserta e dal Coordinamento campano per le vittime innocenti.

Le vite dietro le carte

“Mio fratello voleva solo costruirsi una vita ma i camorristi gliel’hanno strappata senza che lo Stato riuscisse a fermarli ed ora i miei genitori, dopo 24 anni, aspettano ancora di vederlo riconosciuto vittima innocente. Mio padre ha 80 anni e non so se ce la farà ancora”. Il racconto di Giovanna Pagliuca, sorella di Genovese, ucciso nel 1995, ha per un attimo riportato tutti nella tragedia familiare. “Non so come siamo riusciti ad andare avanti ma alla fine ce l’abbiamo fatta. Dopo tanto tempo avremmo voluto non sentirci bistrattati proprio dallo Stato”, ha confessato Giuseppe Coviello, figlio di Paolo, ucciso insieme a Pagano nel 1992. Cause e autori del loro omicidio sono stati scoperti dopo due decenni. E poi la storia di Flavio Russo, ricordata dalla sorella Maria Grazia che con fierezza ha detto “sono qui in rappresentanza di tutta la mia famiglia e soprattutto di mio padre che si è visto rigettare l’istanza solo per aver commesso abusivismo edilizio, in assenza tra l’altro di piano regolatore”. “Una motivazione assurda”, si è lasciato scappare il prefetto Cannizzaro che ha promesso “di rivedere attentamente le decisioni di rigetto”.

Ma qual è il punto?

Molte vittime non sono ancora riconosciute perché il ministero dell’Interno rigetta le loro istanze. E’ stato spiegato che il motivo ostativo che si riassume nella definizione della non estraneità ad ambienti e rapporti delinquenziali, è sì giusto ma male interpretato tanto da provocare il rigetto delle anche quando la vittima ha commesso reati semplici come per esempio l’abuso edilizio. Secondo il prefetto Cannizzaro “lo spirito solidaristico dello Stato non può essere misurato rispetto ai benefici dati o non dati come una sorta di bancomat e solo perché è un giudice ad ordinarlo attraverso una sentenza sebbene passata in giudicato. Quindi, per bloccare questa emorragia di denaro da parte dello Stato ben venga il motivo ostativo. Solidale non è risarcire una vittima innocente dopo 40anni. Solidaristico è invece accompagnare nel percorso di studi per esempio”. Un intervento che potrebbe certo essere messo in campo oggi, ma cosa si fa per le vittime innocenti che hanno perso la vita tra gli anni 80 e 90?

Prefetto Ruberto: “Nostre decisioni valide per tutti”

“Chi muore è sempre una vittima, che sia contiguo o meno ha comunque perso la vita”, ha detto Ruberto che non si è sottratto alle critiche arrivate in merito ai tanti rigetti riservate alle istanze presentate dai familiari delle vittime innocenti non ancora riconosciute. “Capisco le titubanze ma è pur vero che come funzionari non possiamo decidere con la stessa autonomia dei magistrati, dunque nell’interpretare la norma non possiamo guardare caso per caso. Che poi in provincia di Caserta ci siano pratiche che rigettiamo perché si ipotizzano frequentazioni, il problema non è nostro ma decisamente culturale”.

Esigenze burocratiche

“Non nego- ha confessato il prefetto Ruberto- che ci può essere burocraticamente la tendenza ad appiattirsi sulla nota informativa delle forze dell’ordine in termini di parentela. Non sempre si riesce ad approfondire e quindi si possono creare delle percezioni di ingiustizie ma nel momento in cui prendiamo una decisione, questa deve valere ovunque e per tutti, a Caserta come a Novellara. La nostra onestà intellettuale è comunque indubbia”. E poi una promessa “tornerò in ufficio e chiederò al mio funzionario di pensare alle pratiche non come semplici carte ma come persone, volti e storie umane». Una rassicurazione che ha seguito la relazione dell’avvocato Giovanni Zara che da tempo, anche insieme alle associazioni promotrici, tenta di illuminare le criticità della legge, nello specifico la 512 del 99 che prevede l’accesso al fondo di solidarietà.

 

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