Tragedia delle Gole del Raganello, un anno dopo il ricordo delle vittime

Alessandra Tommasino

Un anno fa a Civita, il 20 agosto, morirono dieci persone alle Gole del Raganello. Sulla tragedia sono ancora in corso accertamenti e intanto da allora le escursioni sono vietate.

Dieci morti nelle Gole del Raganello, Civita un anno dopo

Tante le persone che hanno gremito la chiesa di Civita durante la messa in occasione del primo anniversario della tragedia delle Gole del Raganello in cui, a causa di un’ondata di piena, morirono 10 persone, 9 escursionisti ed una guida.
Presenti i parenti delle vittime, costituitisi in un comitato che chiede giustizia “per una tragedia – ha detto la presidente, Teresa Santopaolo – che avrebbe potuto essere evitata”, insieme ad autorità civili, politiche e religiose, tra cui il presidente della Regione Calabria, Mario Oliverio, e il Vescovo di Cassano allo Jonio, mons. Francesco Savino.

Una comunità sotto shock

“”Questa tragedia non verrà mai cancellata dalla nostra memoria. Abbiamo vissuto come comunità un anno di passione con grande dignità e grande senso di umanità. L’unica speranza é che nel rispetto della giustizia un giorno si possa conoscere la verità su quello che è successo”, ha affermato il sindaco di Civita, Alessandro Tocci, in occasione del primo anniversario della tragedia delle Gole del Raganello.

Escursioni vietate e area sotto sequestro.

A Civita, un anno dopo la tragedia, è cambiato tutto. Nel locale del piccolo centro dove preparano i panini con gli ottimi salumi e formaggi tipici, a chi chiede informazioni sulle escursioni viene detto chiaramente che ormai non è più possibile farle. Fino allo scorso anno si poteva scegliere il percorso da effettuare, decidere quale difficoltà affrontare e quante ore di cammino. La muta era fornita per i percorsi organizzati e anche se sui siti web si trovano informazioni dettagliate, arrivati sul posto ci si rende conto che al massimo si può scendere al Ponte del Diavolo che si erge maestoso fra le gole. Le escursioni sono vietate e l’area in cui persero la vita le dieci persone è delimitata dal nastro arancione che ne segnala il sequestro.

C’è un’aria cupa e i visitatori non risparmiano un pensiero per le vittime. C’è un uomo del posto che accompagna un turista e indica il punto esatto in cui furono ritrovati gli escursionisti. “Qui si vedeva tanto sangue, povera gente”, dice commosso. Qualcuno scende per camminare sul letto del fiume e c’è chi raccomanda di non pubblicare i selfie nell’area sequestrata sui social. “Non si può mai sapere”.

A un anno esatto, restano ancora molti nodi da sciogliere e la rabbia per un dolore che si poteva evitare.

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